PRIMA DELLE RIVOLUZIONI DIRIGENZIALI PRESUNTE, VERE O VEROSIMILI CI SONO 8 FINALI DA GIOCARE. VEDIAMO COME SOCIETÀ E SQUADRA SAPRANNO GESTIRLE: SARÀ UN BEL TEST

28.03.2016 00:00 di  Mario Tenerani   vedi letture
PRIMA DELLE RIVOLUZIONI DIRIGENZIALI PRESUNTE, VERE O VEROSIMILI CI SONO 8 FINALI DA GIOCARE. VEDIAMO COME SOCIETÀ E SQUADRA SAPRANNO GESTIRLE: SARÀ UN BEL TEST
FirenzeViola.it
© foto di Federico De Luca

Sembra finito il campionato, invece il bello comincia adesso. Scudetto, Champions, Europa League, salvezza, tutto è in gioco, l’incertezza è protagonista. Eppure il Gattopardo viola è in azione. Cambiare tutto per non cambiare niente. Ci risiamo. Nessuna meraviglia, Firenze è Italia e nel Bel Paese spesso funziona così. In ogni settore. La Fiorentina è in piena corsa per l’Europa, seppur a fatica potrebbe addirittura rientrare in zona Champions, eppure le indiscrezioni soffiano il vento della nuova rivoluzione dirigenziale, tratteggiando un futuro diverso dal presente. Probabilmente è tutto vero, forse verosimile, presunto, ma resta un dato incontrovertibile: ci sono 8 partite alla fine, il campionato non è concluso, e chi fa calcio dovrebbe sapere che queste sono 8 finali. Perché è impensabile immaginare una Fiorentina fuori dall’Europa nella stagione ventura ed è complicato pensare ad una Fiorentina costretta - se arrivasse quinta col Milan vincente in Coppa Italia - a disputare due preliminari di Europa League tra la fine di luglio e la metà di agosto. 

Legittimo da parte della società pensare a cambiamenti da apportare al proprio assetto manageriale, ma ora sarebbe molto più importante gestire Sousa e la sua truppa. Dando appoggio totale, ma anche la giusta pressione, quel sano stress che serve a spiegare la qualità degli obiettivi da raggiungere. Queste 8 finali sono determinanti per il domani immediato della Fiorentina. Diventeranno un test gestionale per la società viola. Da questo periodo capiremo molte cose. Torniamo al Gattopardo. La Fiorentina dei Della Valle nel primo percorso ha avuto Galli direttore sportivo, l’uomo della ricostruzione dalla C2 fino alla salvezza in serie A. Lungo quel tragitto ha imbarcato pure un direttore generale, Fabrizio Lucchesi, passando così al binomio diesse-diggi. Quindi è arrivata l’era “corviniana”: sette anni di Pantaleo come diesse accentratore di poteri e deleghe. Un periodo in  cui sono arrivati risultati eccellenti e plusvalenze auree. Esaurita quell’esperienza, fu scelto un nuovo schema dirigenziale. Non più un uomo solo al comando, cioè Corvino, ma una filiera manageriale attraverso i vari settori: Cognigni (presidente esecutivo), Rogg (direttore generale), Pradè (diesse), Angeloni (direttore area tecnica), Pereira (dirigente mercato estero) e poi ancora altri collaboratori. In questo spazio temporale la Fiorentina ha colto tre quarti posti, una finale di Coppa Italia e una semifinale di Europa League, dunque anche in questo caso i risultati non sono mancati: è mancata solo la vittoria di un trofeo, ma questo è un antico problema che accomuna tutti i dirigenti passati da Firenze dal 2002 ad oggi.   

Ora, stante i rumors, tornerebbe in auge Corvino, in fuga da Bologna, proprio perché nel capoluogo emiliano il club rossoblu vorrebbe ricalcare lo schema di Firenze: molti dirigenti per altrettanti settori. Come farebbe allora Corvino ad accettare un ritorno a Firenze sapendo di ritrovare una società viola non più strutturata come ai suoi tempi? Come farebbe Pantaleo ad esercitare quella autonomia a lui cara? Può darsi, dice qualcuno, che i Della Valle siano pronti a cambiare di nuovo schema, riaffidando ad un gestore solo, Corvino, la macchina viola. Perché no, sarebbe un tuffo nel passato. E sulle capacità di Pantaleo nessun dubbio. Sarebbe solo l’ennesimo turn-over di scrivania, con un sospetto, quello del “gattopardismo” al potere. Cambiare tutto per non cambiare niente. Perché la Fiorentina dal 2002 ad oggi ha fatto un cammino di spessore, attestandosi spesso in Europa, ma è l’ultimo gradino che non arriva. Quello del successo in qualche competizione. Per salirlo forse serve qualcosa in più dei manager, ma un modo diverso, ancora più incisivo e profondo di intendere il calcio.