MA ALLORA ERA VERO? SUPERLEGA A TARALLUCCI E VINO E A ROCCO NON LASCERANNO FARE NULLA
Quei discorsi da bar o da cena con gli amici, ma rigorosamente dopo il bis di ammazza caffè, insomma quelle chiacchiere basse basse, senza pretesa alcuna di cultura, costrutto o verità, un po’ qualunquiste. Le ciaccole riassumibili con l’espressione vox populi che taluni identificano con la vox dei, di lì l’adagio ‘vox populi vox dei’, un detto che l’enciclopedia on line Wikipedia, fa risalire addirittura al libro del profeta Isaia. Ma vediamo cos’è che ci fa esclamare: ma allora era vero? La UEFA blocca il procedimento contro Barcellona, Real e Juve, tre delle ribelli che volevano la Superlega e non se ne sono chiamate fuori, una sospensione che di fatto garantisce la loro eventuale partecipazione alla Champions. Insomma la punizione coraggiosa, inflessibile, esemplare, che era stata annunciata con le fanfare, all’indomani della fragorosa deflagrazione del caso, si, si. Eppure si sapeva che sarebbe andata a finire così, si sa che che ricchi e potenti, difficilmente vengono puniti secondo la legge, legge che non è uguale per tutti, ma per qualcuno è più uguale, come dice Orwell ne ‘La fattoria degli animali’. Qualunquismo? Sarà? Ma tant’è.
Detto della storia della Superlega che finisce a tarallucci e vino, un altro dei luoghi comuni che si sente spesso ripetere è che in Toscana e a Firenze specialmente, nulla si possa fare se non porta ben visibile la targa della sinistra post-comunista alleata coi preti e con la massoneria. Ecco accade che un miliardario americano quale è Rocco Commisso vorrebbe investire più di 300 milioni tra Viola Park e stadio nuovo, ma si vede sbattuta la porta sul muso con fiumi di parole:
No qui non si può,
no là no per carità,
non toccare il calcinaccio che è monumentale
no non puoi edificare dove ti pare
l’architetto te lo indichiamo noi
con lui forse potrai far quello che vuoi..
Dacci retta e non far mattane…
tu sei nuovo
noi qui siamo da tempo immane…
Non si pole convinciti, questo è il sunto
parco viola e stadio novo mettici infine un punto.
E così sta andando e così andrà a finire, col miliardario frustrato nelle sue intenzioni, nessuna delle opere realizzate e tutti i posti di lavoro previsti che andranno persi, tanto i costi della disoccupazione si possono ben caricare sulle spalle degli occupati italiani super tassati o dell’Europa e quindi delle generazioni che verranno ( poveri bimbi nati già col peccato originale e un debito da pagare), come a certificare in maniera plastica, l’odio di una certa ideologia per i denari della libera impresa, che poi magari il Viola Park glielo fanno fare, ma rendendogli la cosa più difficile e costosa possibile.
Ma allora era vero? Par proprio di si, finchè l’ultimo imprenditore illuso di poter realizzare qualcosa in riva all’Arno, non si sentirà sazio d’ essere preso per i fondelli e farà fagotto. Ma allora non erano solo luoghi comuni, era tutto vero? La prossima volta che il bischero di turno ne parlerà al bar, potrà dire un’altra volta di averne le prove. Finchè tutto un giorno cambierà davvero. Un giorno.
P.S.: Poiché si è alla vigilia dell’esordio negli Europei dell’Italia di Mancini, nessuno si sogni che Rocco Commisso possa capire e soprattutto condividere, quella storica avversione del pubblico fiorentino per le cose azzurre, quella vecchia ruggine che forse sarebbe d’uopo superare. E’ impossibile infatti che un uomo che, divenuto adulto in America, dove emigrò a dodici anni, ha dovuto fare i conti col razzismo verso gli italiani, combattendolo e vincendolo alla grande, visto che è diventato uno degli uomini più ricchi degli Stati Uniti. E’ impossibile, dicevamo, che un uomo che sente forte l’identità italiana e quindi anche l’identità calcistico azzurra, possa condividere l’antipatia di una parte dei fiorentini per la maglia azzurra e chi la veste, un’antipatia causata, dicono i duri e puri, del marciume del palazzo. Del resto, tutti i palazzi son marci. Perciò che l’Europeo di quest’anno, sia l’occasione perché Firenze tutta torni ad amare l’azzurro, col suo presidente in testa.