Pablo Marí si racconta: "Ero timido ma girare il mondo ha aumentato la mia leadership"

Il difensore della Fiorentina, Pablo Marí, ha raccontato alcune tappe significative della sua carriera durante un’intervista a Fox Deportes: “Aver giocato in cinque campionati diversi mi ha dato molta esperienza e mi ha aiutato a sviluppare qualità di leadership. Ho avuto la fortuna di condividere il campo con grandi compagni, affrontare avversari forti, lavorare con allenatori importanti e conoscere stili di gioco differenti. Tutto questo mi ha permesso di comprendere meglio il calcio e di giocare con maggiore consapevolezza. Fin da piccolo il pallone è stato il centro della mia vita. Amavo giocare al parco con gli amici, oppure chiedevo a mio padre di restare fuori a tirare due calci con me. Avrei voluto giocare in ogni momento della giornata. Avevo cinque o sei anni quando mio padre mi portò nella squadra del mio paese, ma all’inizio ero molto timido: preferivo giocare con gli amici. Tuttavia, appena ho indossato gli scarpini per la prima volta, è stato amore a prima vista".
Marì ha poi parlato delle sue prime esperienze nel mondo del calcio: "Dopo il primo anno all’Almussafes sono passato al Valencia. I miei genitori affrontavano ogni giorno 45 minuti di macchina per portarmi agli allenamenti: è stato un grande sacrificio per loro. Sono rimasto al Valencia per cinque anni, ma quando è arrivato il momento di passare al calcio a undici, il club ha deciso di lasciarmi andare. Così sono approdato al Levante, una buona squadra. Frequentavo la scuola la mattina e mi allenavo la sera. Uscivo da scuola e correvo al campo, sempre grazie alla dedizione dei miei genitori. A 13 anni ho avuto un grave infortunio all’anca, dovuto a una crescita troppo rapida: in un solo anno sono cresciuto di 12 centimetri. Dopo ogni partita, restavo fermo per sei o sette mesi. È stato così per circa un anno e mezzo. I miei genitori erano molto preoccupati, più di me. I medici ci spiegavano che non potevano intervenire finché la mia crescita non si fosse stabilizzata. Ricordo che, durante l’ultimo infortunio, ero in macchina con mio padre e gli dissi: ‘Questa sarà l’ultima volta. Se mi succede ancora, lascio il calcio’."
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