BATISTUTA, SONO STATO AMATO PERCHÉ NON ERO MARADONA MA UNO NORMALE

23.10.2019 14:30 di  Redazione FV  Twitter:    vedi letture
Fonte: Dall'inviato Andrea Giannattasio
BATISTUTA, SONO STATO AMATO PERCHÉ NON ERO MARADONA MA UNO NORMALE
FirenzeViola.it

All'interno del Festival del cinema di Roma "Alice nella città", Gabriel Batistuta ha tenuto la conferenza di presentazione del suo film "El numero Nueve". Ecco le sue parole: "Aver regalato delle emozioni è bello, è questo il calcio. Avevo voglia, dopo tanto che mi sono nascosto per proteggere la mia famiglia e i miei figli, di raccontarmi. Ma non ai grandi, bensì ai più piccoli. Io ho 4 figli che fanno fatica a scegliere cosa fare, io a 18 anni ho scelto di fare il calciatore e mi sono impegnato per riuscirci, immaginando cosa volevo a 50-60 anni. Sapevo poco allora del calcio, a parte calciare, e mi sono impegnato per perseguire il mio obiettivo".

"Ma ho sempre rincorso i miei compagni avendo iniziato a giocare più tardi, ho speso metà della carriera ad imparare insomma. Ma voglio trasmettere e raccontare che quando uno ha un obiettivo deve impegnarsi per raggiungerlo, mostrare anche i momenti difficili, degli infortuni e delle sconfitte. Non ho avuto problemi a mostrare cosa stavo vivendo. Ed ora mi sento contento, qualcosa ho fatto. Io molto amato? Ho fatto vedere che ero simile alle persone normali, non mi hanno mai visto come Maradona, Messi o Ronaldo che sanno fare i calciatori da quando sono nati. Io invece sono l'esempio che bisogna darsi da fare per raggiungere un obiettivo. Mi rispettano perché sono uno normale. Colpito da cosa ho detto ai miei figli ? Nel film chiedo loro di essere fra dieci anni persone migliori di oggi. Nel film ho detto ciò che sento, non ho seguito un copione. Bisogna sempre migliorarsi nella vita, i miei figli non ne possono più di sentirmelo dire ma è il senso della vita".

"Rapporto con i tifosi? Tutti entrano in campo per vincere per se stessi ma anche per i tifosi. Ma non sempre riesce. Io volevo fare due o tre gol a partita ma non sempre riuscivo e mi faceva stare male, dai tifosi cercavo comunque rispetto perché l'intenzione e la volontà di fare quei gol c'era. Io ho vinto pochi trofei ma dove vado la gente ancora mi ricorda. Le persone mi vedono come giocatore della Fiorentina, della Roma e dell'Inter ma mi rispettano dappertutto perché tutti hanno capito".

"Può vincere solo la Juve in serie A? Bisogna impegnarsi e altri possono vincere, come il Napoli, anche la Fiorentina, la Roma, il Bologna. Bisogna lavorare e fare un percorso, la Juve ci lavora. Nel film faccio vedere tante cose che nessuno immaginava fossero così, andate al cinema a guardarlo. Per me comunque il calcio non è stato solo divertimento, perché sentivo la pressione e la responsabilità di chi pagava per venire a guardarmi. Ora sono al di fuori del mondo del calcio e mi piace meno, perché è tutto un fatto di business. Essere riconosciuto dopo 20 anni però è bello, ho portato i miei genitori a vedere che a Firenze la gente mi ama e mi riconosce ancora. Mio padre infatti mi diceva che sarei stato bello solo se segnavo e che quando avrei smesso nessuno mi avrebbe riconosciuto e ho sempre pensato così anche io, invece ho avuto questo premio, questo affetto nonostante poi sia andato anche a Roma ma Firenze ha capito. E il professionismo che mi sono imposto mi ha portato ad essere rispettato. Pianto per il gol in Roma-Fiorentina? Mi pagava la Roma, dovevo accontentare la gente di Roma, io ho preso la mia carriera sempre così".

"De Rossi penso che stia vivendo delle emozioni uniche prima di smettere con il calcio. Ha avuto la fortuna di giocare un derby, anche se purtroppo per me l’ha perso. Totti? E’ dura non stare nel calcio dopo tanti anni, pensare al fatto che c’è qualcun’altro al tuo posto. Le mie caviglie mi hanno aiutato a smettere, se pensavo ad un pallone piangevo. Non avevo altre possibilità, mentre lui poteva continuare a giocare. Personalmente ho cercato altre vie una volta smesso con il calcio, piano piano capisci che nella vita non c’è solo questo sport