ALL'ANGOLO
E venne il giorno della fase due, anche se per la verità qualcosa si è già capito. E’ stato il primo week-end di lento ritorno alla normalità, in strada si sono riviste famiglie e bambini, biciclette e volti sorridenti, anche sa la sensazione che in pochi abbiano capito l’importanza del nuovo modo di uscire resta. Il dibattito su mascherine calate, talvolta del tutto assenti, e distanze disattese è destinato a incendiarsi fin da oggi, quando per inciso almeno quattro milioni e mezzo di italiani torneranno al lavoro.
Anche per il mondo del calcio sembrerebbe un giorno di ripartenza, d’altronde riapriranno i centri sportivi, eppure l’ennesima uscita del Ministro Spadafora via social (“Della ripresa del Campionato per ora non se ne parla proprio”) rimanda tutto come minimo al 18 maggio, data per la ripresa degli allenamenti di squadra. Se l’incontro di ieri con il comitato scientifico è stato rinviato significa però che ancora sul protocollo da tenere per la sicurezza servirà lavorare, al pari delle responsabilità che riguarderanno medici e staff, lungo un percorso tutto ancora da decifrare il cui traguardo resta a dir poco incerto.
Già, perchè nella domenica in cui la stessa Fiorentina si è ritrovata quasi interdetta di fronte alla possibilità di far tornare qualche calciatore al centro sportivo Astori (e per questo si attenderanno comunicazioni ufficiali) continuano a filtrare presunte voci su una linea ancora intransigente da parte del Governo. L’idea che il campionato possa essere stoppato continua a circolare e anche se per adesso trattasi soltanto di pure voci o indiscrezioni da social persistono gli ostacoli che dovrebbero portare il calcio italiano a tornare in campo al massimo nella settimana tra il 13 e il 20 giugno prossimo.
Una corsa contro il tempo che intanto sembra attirare sempre meno attenzioni. Come se quel 64% di tifosi ormai disinteressati all’esito della stagione fosse aumentato il pallone nostrano appare sempre più accerchiato e abbandonato a sé stesso, o forse più semplicemente invitato a immaginare sin da ora una nuova stagione e magari anche nuove dinamiche. “Il calcio è di chi lo ama” titolava uno degli slogan degli ultimi tempi, ma diatriba a parte su come andrà a finire la Serie A 2019/2020 vien prima di tutto da domandarsi quanti siano rimasti gli innamorati di questo calcio.