RIAPPROPRIARSI DELLA BELLEZZA
Dov’eravamo rimasti? Ah, sì, al sospetto che a questa Fiorentina manchi un’anima, un vero spirito di squadra che spinga al sacrificio estremo nell’emergenza. Guarda un po’, hanno beccato altri viola in discoteca e la società è stata costretta a certificare con un comunicato ufficiale che Jovetic, la bandiera, non si è tirato indietro davanti alla bua e che lo spogliatoio non se l’è presa per questo. D’altra parte capitava anche a Dejan Savicevic, altro genio montenegrino. Lamentava guai muscolari che le indagini strumentali faticavano a individuare. Il Genio scrollava le spalle e tirava dritto con una sua massima passata alla storia: “Macchina non vede dolore”. Ma sull’etica abbiamo già dato. Ora passiamo all’estetica e a un’altra categoria dell’anima: il Bello. Ci sta che l’Inter vinca e sia brutta. Milano è così: una cosa brutta che produce molto. Ogni squadra è sempre la proiezione del suo contesto. Contro la Lazio, sembrava che Cambiasso e Zanetti fossero rimasti impigliati con le bretelle alla porta di Julio Cesar; nel primo tempo l’Inter ha avuto un record di tre passaggi consecutivi, non è andata oltre. Poi in qualche modo, con l’arte di Milito e un fuorigioco di Pazzini ha superato una Lazio, modello Tafazzi. Ranieri ha fatto finta di lamentarsi del brutto gioco, ma a Moratti e a tutti tifosi va benissimo così. Milano è la Borsa. Quando ha fruttato il titolo Inter? Ventun punti in sette partite. Ciumbia! Comprare, comprare… La Juve gioca molto meglio e crea molto di più. A Bergamo ha assediato l’Atalanta fin dal primo secondo, a testa bassa. Tutti al lavoro, come in fabbrica. Hanno segnato un terzino e una riserva.
La squadra di Firenze è un altro mondo. Chi andando al lavoro incrocia Ponte Vecchio, chi rientrando da scuola passa davanti al Battistero, anche se non vuole e tiene gli occhi chiusi, si riempie di bellezza. Non c’è città di serie A che respiri a pieni polmoni la sua squadra, che la trascini nella sua quotidianità come Firenze. No, neppure Napoli, neppure Roma.
Sto dicendo banalità per voi che vivete a Firenze, ma io, che arrivo da fuori, resto sempre sorpreso da tutto il viola che trovo sui taxi, nelle botteghe, nelle case, dappertutto. I taxi di Milano per lo più sono atei e asettici come corsie d’ospedale. Né adesivi, né gagliardetti appesi allo specchietto. Il nerazzurro e il rossonero lo portano a spasso i ragazzini sugli zaini di scuola e i tifosi il giorno della partita. Poi basta.
Invece a Firenze il viola ce l’hanno addosso tutti e tutti giorni: l’anziana ortolana, le ragazze tra i capelli, il nonno sulla canna della bici… La squadra di gente che ama in questo modo e che è proiezione di una città d’arte non potrà mai essere brutta. Potrà essere sconfitta, ma non dovrebbe mai essere brutta come a Cagliari. Firenze, la sua storia, la sua cultura non c’entrano niente con lo 0-0 del Sant’Elia, un abisso estetico che, per certi versi, è stato anche peggio della sconfitta casalinga con il Lecce. Neppure una cosa bella in 90 minuti per consolarsi. Una tela bianca, una pagina vuota. Nulla.
Restando alla storia più recente, da Antognoni a Baggio, a Rui Costa a Jovetic, la Fiorentina è stato un susseguirsi di opere d’arte, come spostarsi da una sala all’altra degli Uffizi. Questa vocazione non può essere tradita.
Nessuno pretende che i Della Valle si mettano a investire come Juve, Inter e Milan, avendo bacini e introiti diversi. Ma in un comprensibile e dignitoso bivacco nelle zone medio-alte del calcio nazionale, chi costruirà la nuova Fiorentina dovrà tenere conto anche della richiesta di bellezza che viene dalla città e dalla sua storia. Mai più il medioevo del Sant’Elia, uno 0-0 vandalico come una martellata al David di Michelangelo.
La squadra deve sentire la responsabilità estetica che spinge gli stessi Della Valle ad essere insuperabili per eleganza alla balaustra del Franchi per sciarpe, colletti bianchi, cachemirini colorati e mocassini a pallini.
Amauri può dare un suo contributo in questo senso. Un giorno, di passaggio con la maglia del Palermo, lasciò un gol al Franchi che era un capolavoro. Firenze spera di ritrovare quel cannoniere e non lo svagato protagonista dello spot delle crociere che spegneva per sbaglio le luci dello stadio. In realtà il sospetto che sia arrivato lo svagato a qualcuno sarà avvenuto. Non c’era giornale che non annunciasse in prima pagina la protesta dei Tir sulle strade. Cercare di raggiungere Firenze in auto non è stata quella che i telegiornali chiamano “una partenza intelligente”. I dirigenti viola avrebbero potuto organizzargli un altro piano di volo più opportuno? Probabilmente, ma, se non altro, sono andati a prenderlo alla stazione ferroviaria per evitargli che incappasse magari in uno sciopero di taxi. Perché sono giorni in cui appena la Fiorentina si muove, trova una contestazione: i metalmeccanici a Cagliari, i tifosi all’aeroporto, i Tir sull’autostrada… Ma un giorno la bellezza spazzerà via tutto questo. Se non a Firenze, dove?
Luigi Garlando
prima firma de la Gazzetta dello Sport