Lecce decisiva per Pioli ma anche per la Fiorentina. La crisi è incomprensibile, ma ora i viola devono solo vincere

Lecce decisiva per Pioli ma anche per la Fiorentina. La crisi è incomprensibile, ma ora i viola devono solo vincereFirenzeViola.it
Oggi alle 00:00L'editoriale
di Alberto Polverosi

Nella sua drammaticità sportiva la situazione è molto semplice e molto chiara: la Fiorentina deve battere il Lecce. Non ci sono alternative: il pareggio non basta. Se non ci riesce, può succedere di tutto — le dimissioni o l’esonero dell’allenatore e l’arrivo rapido di un sostituto (rapido perché il giovedì successivo la Fiorentina giocherà in trasferta a Magonza in Conference League).

Poi deciderà Pradé, scosso dalla contestazione e soprattutto dai risultati della squadra, se restare o meno. Impossibile trovare un solo tifoso, anche nella categoria degli ipercritici, un solo osservatore, un solo giornalista, un solo esperto di calcio che ad agosto avesse immaginato un disastro del genere. Come detto più volte, il problema della Fiorentina è che non ha un solo problema, ma una ventina almeno — quanti sono i giocatori schierati da Pioli in questo inizio di stagione.

Non ce n’è uno, né fra i confermati né fra i nuovi acquisti, che abbia raggiunto il livello di rendimento della stagione scorsa. Non solo: i viola che vanno in nazionale (Dzeko nella Bosnia, Gudmundsson nell’Islanda, Kean nell’Italia e Ndour nell’Under 21) tornano al Viola Park col sorriso sulle labbra, perché segnano, giocano bene o perché le loro squadre vincono.

Quanto sta capitando alla Fiorentina è incomprensibile anche per un’altra ragione. In Conference ha vinto quattro partite su quattro. Certo, le avversarie sono state finora di livello tecnico decisamente inferiore, ma nemmeno Cagliari e Pisa (due pareggi faticosi per i viola) appartengono all’élite della Serie A.

E poi basta guardare i risultati della seconda giornata per accorgersi che le sorprese non sono mancate nemmeno in questa coppa, dove i ciprioti dell’Aek Larnaca hanno vinto sul campo del Crystal Palace, mentre gli spagnoli del Rayo Vallecano (ottavo nella Liga) sono stati fermati da una squadretta svedese, l’Häcken (nona nell’Allsvenskan), sul 2-2.

Si potrebbe pensare a un problema fisico, ma i dati in possesso dello staff tecnico sono più o meno simili a quelli dell’anno scorso. Di sicuro è diventato un problema di testa, ma all’inizio no: la testa era libera. All’inizio la squadra non vedeva la classifica come un incubo, eppure giocava come se fosse già in un incubo. Pioli l’ha ribaltata di continuo.

Troppo? Ecco, questo potrebbe essere un tentativo di spiegazione. Ma l’ha fatto perché cercava un punto di equilibrio senza riuscire a trovarlo. Difesa a tre con un passaggio alla difesa a quattro; centrocampo a due, a tre e anche a quattro quando Fazzini ha fatto il trequartista (ma resta un centrocampista); e ancora: centrocampo “tecnico” con Fagioli e Nicolussi-Caviglia, e centrocampo “di gamba” (come l’ha definito l’allenatore dopo San Siro) con Ndour e Sohm; attacco con un centravanti, con due, o con un centravanti e un trequartista.

Eppure la prima qualità di questo allenatore è sempre stata la chiarezza. Ha sempre individuato i punti deboli delle sue squadre e li ha corretti in tempi adeguati. Qui, invece, i tempi sono incredibili — soprattutto se si pensa che Pioli ha avuto tutta la rosa a disposizione (tranne Piccoli e Nicolussi-Caviglia) già in ritiro.

Tre mesi buttati, insieme alle ambizioni. Domani si potrebbe decidere il futuro di Pioli, ma anche quello della Fiorentina.