ECCO PERCHÉ LA FIORENTINA È FUORI DALLA CHAMPIONS. TUTTI GLI ERRORI DA NON RIPETERE. ADV NON PUÒ ACCONTENTARSI. IL PIANO PER GLI ACQUISTI E LE CESSIONI. SERVE UN LEADER. GIÀ IN EUROPA GRAZIE AL MILAN
L’altra sera, guardando l’ennesima straordinaria coreografia della curva Fiesole e il colpo d’occhio del Franchi, riflettevo su tutto quello che potrebbe essere il calcio a Firenze e invece (purtroppo) non sempre è. Da una parte c’è una tifoseria appassionata, generosa, a volte anche eccessiva, per molti versi incredibile per l’attaccamento e la dedizione verso la maglia.
Dall’altra una proprietà seria, importante, capace di gestire al meglio una società di calcio di medio livello economico cercando una non facile mediazione fra le giuste ambizioni sportive e i bilanci che devono essere in regola per la ragione e per l’Uefa. Non entro nel merito del fare di più e del non voler fare, ne parlerò dopo. Che i Della Valle abbiano lavorato bene nei loro quattordici anni viola deve essere un dato di fatto, non lo dico io ma i risultati. Società e tifoseria, due poli positivi che, purtroppo, non sempre si attraggono. Anzi, si attraggono raramente e negli ultimi tempi sempre meno. Peccato.
Per uno come me che naviga nel calcio da una quarantina d’anni è un vero dispiacere. Ho sempre la sensazione di un’occasione perduta soprattutto guardando i disastri che fanno molte altre società anche più ricche e più famose, ma gestite peggio della Fiorentina. Costantemente mi chiedo cosa sarebbe della squadra viola se i due poli positivi (società e tifoseria) riuscissero a fare quello che nella fisica non succede: attrarsi. Se due energie diverse riuscissero a fondersi per uno stesso obiettivo, immaginate la crescita della Fiorentina...
Invece i Della Valle non si sentono completamente apprezzati, sicuramente non amati, hanno la sensazione che i loro sforzi economici non siano compresi, che tenere la Fiorentina a buon livello e in Europa sia ritenuta una cosa dovuta e non un frutto della loro gestione. Tirano il freno. Dall’altra parte la tifoseria più passionale, quella che orienta, ma ultimamente non solo quella, si sente sempre più lontana non dalla maglia, ma dal modo di gestire dei Della Valle. Chi ha la passione dentro, chi vive la squadra di calcio come la vive Firenze, deve essere costantemente nutrito di emozioni anche con qualche eccesso. E questa gestione manageriale-ragionieristica difficilmente regala emozioni.
Questi sono i due poli. In attesa della fusione che un giorno avverrà (non ne sono sicuro, ma lo spero) indipendentemente dai risultati solo per una passione comune, non posso far altro che analizzare perché sia nata questa situazione e perché una stagione nella quale la Fiorentina è stata per sei domeniche in testa alla classifica, viene vissuta dai più come una annata deludente. Lo faccio ancor più volentieri dopo la partita con la Juventus che, secondo me, deve aiutare la società Fiorentina a capire come e dove lavorare per migliorare e migliorarsi. Imitando e mutuando dalla società bianconera, appunto. Il campo ha detto che il divario fra le due squadre non è più enorme, il divario è fuori, nella gestione.
Sapete da sempre che per me i risultati dei Della Valle sono buoni, non sono neppure contro le critiche, le ritengo il sale del calcio e un momento di crescita e non mi offendo se mi danno del dellavalliano perché esserlo credo sia il bene della Fiorentina. Anche le critiche di Firenze (quelle sane), comunque vanno accettate e analizzate. Lascio nel loro brodo, invece, i disfattisti per interessi personali o per vocazione, non vanno presi neppure in considerazione. Detto questo, anche a me questa stagione non è piaciuta. Ho la netta sensazione che la società Fiorentina abbia buttato via, probabilmente senza accorgersene, parte del grande lavoro che aveva fatto. O meglio, quel lavoro non lo ha completato.
E questo è il grande rammarico, un vero peccato, per certi versi imperdonabile. Se arrivi in testa alla classifica, se resti in zona Champions per quasi due terzi del campionato, vuol dire che sei bravo, a volte bravissimo. Hai scelto bene l’allenatore, hai messo in piedi una buona squadra, hai gestito la situazione come meglio non si poteva. Poi sono arrivate le difficoltà che in genere arrivano per tutti e in tutti i campionati, ma ,se volete, in tutte le attività della vita. Senza fare i filosofi.
E proprio davanti alle difficoltà che la Fiorentina si è fatta trovare impreparata o non ha dato il meglio di se. Dicevo della Juventus. Ha vinto lo scudetto quando aveva dodici punti dopo dieci giornate di campionato. Perché c’è riuscita? Perché è una società fortissima, organizzatissima, piena di uomini di calcio e di specialisti. Ne è uscita fuori. Ecco l’esempio da imitare. La sua crisi la Juve l’ha avuta all’inizio e l’ha saputa gestire, la Fiorentina l’ha avuta all’inizio del girone di ritorno e ha perso la bussola. E di conseguenza quella Champions che avrebbe meritato per il gioco espresso.
Perché è successo? Questo il grande interrogativo per il quale Della Valle dovrebbe pretendere delle risposte da tutti i manager (allenatore compreso) senza accontentarsi di un quinto posto che pone la Fiorentina comunque al di sopra delle sue possibilità. Ragionamenti come questi sono comprensibili, ma non più accettabile sentir parlare di diritti tv, di bacino di utenza etc. Questo lo sappiamo già. Adv deve pretendere di più, il meglio. E deve dirlo. Deve pretendere che gli errori fatti, le lacune viste, vadano colmate. Nello sport se non si pretende il meglio da tutti, se non si sfida tutti i giorni l’impossibile e ci si accontenta dietro i numeri e i bilanci (buoni), non si susciteranno mai emozioni, ma una triste normalità.
Sono molte le ragioni per il crac di febbraio-marzo-aprile . Credo la sottovalutazioni sia cominciata nel momento migliore. Nessuno ha analizzato i motivi per i quali la Fiorentina stava lassù, nessuno ha previsto che dopo un momento straordinario sarebbe arrivato il difficile. Si doveva capire che questa squadra stava andando oltre le sue possibilità, si dovevano studiare i puntelli e i rimedi per farla stare lassù. O almeno provarci. Per supportare la squadra andavano cercati e comprati i giocatori giusti fra novembre e dicembre. La sottovalutazione è stata fatale, al di là dei budget, perché poi comunque cinque giocatori sono stati comunque presi. Comprati tardi e tutti o quasi sbagliati: questo è stato un problema.
Un altro errore nel momento migliore è stata la comunicazione. Quando sei in testa devi mostrare i muscoli, devi darti, devi aprirti al mondo e ai media, devi farti conoscere, far paura, sfruttare l’attimo vincente per ricavare benefici dall’eco mediatico. Il basso profilo e il far passare il messaggio che sei lì per caso, nel calcio non paga. La Fiorentina doveva dare l’esatto valore al suo primo posto, frutto del valore e delle intuizioni, del lavoro, anche mediaticamente questo messaggio sarebbe servito, è come vincere una partita in più.
Ma la gestione veramente negativa, quella sulla quale riflettere più di altre, è stata il dopo mercato. Sousa ha sbagliato a dire quello che ha detto e a fare quello che ha fatto. Ma gli allenatori vanno gestiti fin dal loro arrivo, devono sentire il fiato e la vicinanza, il supporto, ma anche la presenza di chi ti chiede conto del tuo lavoro. Un allenatore deve comunicare in accordo con la società, mi sembra un assurdo assoluto che Sousa gestisca il rapporto mediatico privatamente, con un suo uomo di fiducia. Risultati? Ha concesso interviste solo a un sito specializzato e a un giornalino più o meno della parrocchia. Ma si fa così la comunicazione di un allenatore in testa alla classifica e comunque novità della stagione in Italia? Assurdo.
Per non parlare poi del momento di crisi di identità nella quale è caduto proprio Sousa, confessata pochi giorni orsono. E’ in quei momenti che la società deve essere presente tutti i giorni, tutti i momenti per accompagnare, consigliare, supportare, far sentire la vicinanza. Personale e tecnica. Sousa invece è stato lasciato solo, fra i suoi dubbi, le sue insicurezze. E quando dico solo intendo che non ha vicino un consigliere tecnico della società che abbia carisma e competenza. Solo intendo che la presenza della proprietà in certi momenti è l’unica che può rassicurare.
Lo stesso discorso vale per i giocatori, la deriva andava fermata prima, con interventi decisi. Facile giocare bene con Napoli e Juventus, i punti persi con Verona, Frosinone, Samp e altre vanno addebitati non al mercato mancato, ma a un gruppo smarrito troppo a lungo. Non può e non deve succedere. Oggi nel calcio la differenza la fanno i particolari e gli interventi mirati nei momenti delicati. Anche l’ennesimo tira-molla sul futuro dell’allenatore ha contribuito al caos e ai dubbi fra i tifosi, ma anche all’interno del gruppo. Ennesimo errore far contare l’allenatore più della società, è successo con Prandelli, con Montella e ora con Sousa: riflettete Della Valle, riflettete.
Non posso più sentir dire la solita banalità: gli allenatori se ne vogliono andare perché Adv non spende. Non è mai stato così e se fosse così andrebbe spiegata bene la verità, il sottile diaframma fra ambizioni personali degli allenatori e il bene della Fiorentina. Per ritrovare un rapporto diverso con i tifosi e riaccendere la passione, il discorso sarebbe ancora più lungo. I risultati (a meno che non si vinca lo scudetto) non bastano e ormai è chiaro. Cosa serve?
Il coinvolgimento e la partecipazione. La Fiorentina (e il discorso l’ho già fatto) deve aprirsi alla città. La Fiorentina è dei Della Valle, ma appartiene al Popolo Viola. Ci sono mille modi (molti li ho già elencati) per riportare la Fiorentina fra la gente (in senso lato) e nel cuore dei tifosi. La torre d’avorio, le cose fatte bene, ma lontane, i risultati e i numeri da sbandierare non bastano più. Serve più cuore.
La Fiorentina deve essere brava a far suonare le corde della passione e dell’emozione. In una città come Firenze che vive di Fiorentina, la Fiorentina dovrebbe vivere con Firenze. L’unica apertura fatta quest’anno è l’allenamento una volta al mese. A volte nei tempi sbagliati. E’ già qualcosa, ma il coinvolgimento non può essere solo questo, va dal passato che deve tornare sempre vivo, alle mille manifestazioni da ideare attorno alla squadra, alla formazione masters e non vado oltre per non essere banale in un elenco di cose per molte società normali. Ci deve essere chi lavora tutti i giorni per il calcio giocato e chi lavora tutti il giorni per il calcio non giocato. Solo così si cresce dentro e fuori.
A questo proposito spero che si facciano al più presto anche i programmi per il futuro. Questa è una squadra che ha una base solida e una cultura calcistica importante. Un paio di cessioni eccellenti di giocatori che vogliono andar via possono portare molto denaro fresco. Acquisti mirati con giocatori individuati con attenzione, ma già da ora, possono aiutare a rivitalizzare e rafforzare il gruppo. Cercate soprattutto un leader vero per lo spogliatoio. I giocatori tecnici mi piacciono, ma a volte servono anche quelli cattivi. E ci siamo intesi. Perdonate la lunghezza, l’argomento lo meritava. Almeno credo.