TRENT'ANNI DI NOTTI MAGICHE E IMMOBILISMO STRUTTURALE

08.06.2020 19:00 di  Dimitri Conti  Twitter:    vedi letture
TRENT'ANNI DI NOTTI MAGICHE E IMMOBILISMO STRUTTURALE
FirenzeViola.it

Trent'anni fa esatti, ora più ora meno, scattavano ufficialmente le Notti Magiche. Il sogno tricolore di un paese che si ritrovava ad ospitare la grande festa della Coppa del Mondo dopo 56 anni dall'ultima - vittoriosa - volta e si univa, seppur come da tradizione mai nella sua interezza visto che sono già storia il tifo napoletano per Maradona e le note antipatie dei fiorentini nei confronti della Federazione (culminate nella celebre Italia-Messico del '93 giocata sotto un tappeto sonoro di fischi), per sognare un bis, in quella grande fiera dei sogni nazional-popolari che risponde al nome di Italia 90. Il finale, anzi il semi-finale reso amaro dai rigori è conosciuto per i più, ma la ricorrenza è buona per una considerazione che si lega a doppia mandata al panorama attuale della Fiorentina.

Il 1990 infatti è ancora oggi considerato come ultimo riferimento nella storiografia dei lavori sugli stadi italiani, tranne che per poche eccezioni. Allora, all'ancora Comunale di Firenze (il nome Franchi sarà dato solamente nell'anno seguente), per ospitare la grande kermesse venne eseguita l'ultima grande ristrutturazione dello stadio, con la storica rimozione della pista d'atletica che costeggiava il terreno di gioco e divideva i calciatori dagli spalti. Una distanza ulteriormente accorciata ventitré anni dopo, nel 2013, quando la famiglia Della Valle decise di ispirarsi al modello inglese, realizzando i lavori che avvicinavano gli spalti della tribuna, ora coperti in toto, al campo tramite l'abbattimento delle barriere di plexiglass. Questo l'unico, ed ultimo, intervento minimamente significativo - anche se non impattante quanto quello del '90 - sul quinto stadio più grande d'Italia, ad oggi.

Il lettore non si sbagli, però: non è una questione che riguarda solamente Fiorentina. L'intero movimento calcistico italiano infatti, ad eccezione giusto della Juventus, dell'Udinese, dell'Atalanta e di altri pochi e sparuti casi, ha sofferto dal 1990 ad oggi di trent'anni di immobilismo strutturale, di incapacità, per un motivo o per l'altro, di portare a termine la Missione Nuovo Stadio, nelle varie declinazioni assunte in ciascuna realtà. Una questione che oggi vede più che mai coinvolto anche Rocco Commisso, personalmente sceso in campo per provare ad invertire la stagnante tendenza di un paese, l'Italia, dotato di uno spirito profondamente diverso rispetto a quello che aveva lasciato per andare a far fortuna in America. E degli Stati Uniti stessi, modello cui si riferisce spesso il tycoon, dimenticandosi a volte però di essere tornato in Italia. Gli stadi, quelli invece, sono gli stessi di sempre.