SCONCERTI, Facessero playout metterei la Fiorentina
Il direttore Mario Sconcerti è intervenuto ai microfoni di TMW Radio cominciando dal commentare la svolta odierna sulla possibile ripresa degli allenamenti in Italia: "L'hanno deciso i giocatori... Tutto ricomincia da dove avevamo previsto che cominciasse: la politica sportiva ha visto rimpalli tra politica, Lega e Federcalcio senza chiedere ai giocatori. Quando loro hanno cominciato a muovere le obiezioni, siamo arrivati alla cosa di oggi. Oltre ai ritiri, se non ho capito male, c'è la riduzione della positività ad un infortunio, che secondo me non è una cosa sbagliata. Così si andrà avanti, non credo che la soluzione sia corretta ma necessaria, non tanto per salvare il vecchio campionato, che serve solo a dare i restanti soldi delle tv ai presidenti, ma per togliere il calcio dal virus, altrimenti non comincerebbe la prossima stagione, rimanendo sempre nel disastro".
Che ne pensa di playoff e playout per la Serie A?
"Sono d'accordo, non amo i playoff perché rendono inutile una stagione, ma ora mi sembrerebbero una buona soluzione. Se però si coinvolgono tutte le squadre, si gioca un grosso numero di partite e i rischi diminuiscono poco. Per me sarebbe giusto prendere al massimo le prime e le ultime otto, quindi ci metto dentro anche la Fiorentina. Dare al Brescia, che ha 16 punti, e alla Fiorentina, che ne ha 30, le stesse possibilità di salvarsi mi sembra un po' troppo, però".
Ogni anno c'è qualche società in mora. Il meccanismo ha delle falle?
"Costa troppo. Faccio un esempio: a Firenze certi discorsi non li puoi fare, i Della Valle se ne sono andati proprio per questo. A me dei soldi tuoi non interessa, ce li devi mettere. Il Catania ha 15 milioni di debiti, e chi li paga? I controlli ci sono, ma se dovessero essere tutti attenti metà squadre sarebbero cancellate dall'inizio, e con loro le città. La vita è sempre un compromesso. Sono fallite più di cento società in totale, molte anche in Serie A. A un certo punto i libri in tribunale li porti, o vai in galera, ma il problema è quello di tenere insieme risultati economici ed esigenze di pubblico e città. C'è anche chi se ne approfitta, chi esce ricco da queste situazioni. Più aumenta il disordine, più aumentano i profittatori. Un dovere dell'informazione, della qualità giornalistica, è di crescere per essere in grado di spiegare le grandi realtà del calcio. L'informazione sulla grande industria è molto più attenta e peculiare, di calcio parlano tutti e questo crea confusione".
Come farà il professionismo a tutelare il proprio status elitario? Con un business plan?
"Se non l'hanno capito andranno in rosso. Il calcio è bravo a capire quanto vale l'indotto, e sono 5 miliardi ma ce ne sono anche 3 di debiti. Io sono l'azienda di me stesso, ma le aziende si valutano in base ai dipendenti o alle aziende in quanto tali? Non abbiamo gli stessi diritti? Il calcio è una bolla già esplosa. Oggi mi vengono a dire che senza due mesi di soldi delle tv saltano in aria? Allora saltate, fate quello che volete... Quel mondo è già ben oltre le proprie dimensioni. Il calcio va diviso in due: quelle che devono vincere e quelle che partecipano, i primi devono mettere un pacco di soldi e a volte non li hanno. Perché questa logica di due-tre società sullo stesso giocatore arrivano a dargli sempre più soldi. Ed ecco che si arriva ai 150 milioni di debito di gestione ogni anno. Società in cui tirare su il bandone la mattina costa già 300mila euro: questo non è un mondo sano, produce disordine e non lavoro e ricchezza. Nel disordine o scappi col malloppo o, per la maggior parte, lo prendi in tasca. Sono contento però che abbiano capito che il calcio deve essere risanato. Se dai 31 milioni, in tutto 54, a Ronaldo hai metà del fatturato di una società grossa e storica di Serie A come può essere la Fiorentina. Questa può essere un'industria?".