UNA CRISI CHE PARTE DA LONTANO, SOTTOVALUTATO IL PROBLEMA DELL’ATTACCO. RIMEDIARE A GENNAIO NON È MAI FACILE, ITALIANO DEVE RIDARE UN’ANIMA AI VIOLA. L’ARIA STA CAMBIANDO, FIRENZE È STANCA. SU BREKALO C’È ANCHE LA DINAMO ZAGABRIA
Le crisi non sono mai improvvise, si formano con il corso degli eventi. Si sedimentano su accadimenti ed errori che sommati tra loro fabbricano una criticità. La sconfitta dei viola col Toro, per altro meritata, contro una diretta concorrente per il settimo posto e con valori più o meno equivalenti, ha fatto molto male alla Fiorentina e al suo ambiente. Una pioggia di fischi su squadra e allenatore che abbandonavano il campo. Già nell’intervallo la pancia del Franchi aveva espresso democraticamente il proprio dissenso. Poi ci ha pensato la Fiesole a far capire che d’ora in poi tirerà un’altra aria. E chiunque conosca la storia del tifo viola e delle sensibilità di questa città ha compreso tutto. L’avviso ai naviganti è stato lanciato. Anche in tribuna c’è stata una piccola contestazione, dopo il triplice fischio, all’indirizzo di un dirigente viola. Firenze è stanca.
Doveva essere la notte della ripartenza, alla luce anche della voragine aperta in classifica dalla penalizzazione juventina, invece a godere è stato il club di Cairo. Il girone di andata va in archivio con 9 punti in meno di un anno fa e all’appello mancano pure 13 gol. I numeri sono cronaca, inchiodano tutti alle proprie responsabilità. Sono il ritratto di una Fiorentina in versione gambero, altro che fuga in avanti. La corsa è verso la mediocrità.
Gli errori di alcuni mesi fa oggi presentano il conto. Il mercato estivo non ha pagato in termini di resa sul campo. Aveva tratto molti in inganno, compreso chi scrive (il voto era stato 6, quindi abbiamo sbagliato pure noi). Questo per spiegare che le suggestioni agostane talvolta sono fuorvianti. Il depistaggio tecnico, però, è durato poco.
Jovic, Dodò, Mandragora, Gollini, per un motivo e per l’altro non sono stati decisivi. Anche Barak è indietro rispetto ai tempi di Verona, ma qualcosa in più ci ha fatto vedere, se non altro resta uno dei pochi ad avere il gol nelle proprie corde. Ma lo sbaglio più grave commesso dalla società di Commisso è stato sottovalutare il problema dell’attacco che si era già proposto nella successione di Vlahovic, proprio 12 mesi fa in questi giorni. La dirigenza aveva deciso di investire 16 milioni su Cabral, centravanti 24enne del Basilea.
Le cose tra gennaio e maggio per il brasiliano non erano andate bene, ma ci poteva stare. Era corretto da parte della società aspettarlo, nella speranza che la nuova stagione lo consacrasse. Ma poiché il primo periodo era stato nettamente al di sotto delle aspettative, sarebbe stato corretto affiancargli un altro attaccante centrale dalla provata esperienza in Italia. Pure un mestierante, ma efficace. Così, nella malaugurata ipotesi in cui Cabral avesse continuato a manifestare le stesse incertezze, il suo alter ego avrebbe aiutato Italiano. Invece si è pensato di puntare su Jovic, grazie anche alla regia del suo manager Ramadani, gentile regalo del Real Madrid. Sul talento del serbo che qualche anno prima era stato pagato 60 milioni dagli spagnoli, c’erano pochi dubbi. Questi, semmai, si riversavano sulle ultime stagioni, nettamente al ribasso per Jovic, spesso poco impiegato e comunque scarsamente fertile sotto porta. Era una grande scommessa, insomma. L’ennesima per la Fiorentina. Un bel rischio perché il calciatore era da riattivare completamente.
La sfida, per ora, non ha pagato. E l’immagine del finale col Toro, quando Zima ha sfilato in piena area granata la palla a Jovic che si muoveva al rallentatore, è sconsolante. Il serbo sembrava un ex giocatore e invece ha solo 26 anni.
Un’impresa trovare in giro per il mondo attaccanti su cui poter contare? Una fiaba, tra le tante che ci propinano. Esempi? Ne prendiamo un paio.
Lookman, punta dell’Atalanta, è sbarcato a Bergamo proveniente dal Lipsia per 12 milioni più 3 di bonus. Ha già segnato 11 gol nel girone di andata, oltre ai 2 in Coppa Italia. E’ costato qualche milione in meno di Ikonè e Cabral. Poi Milik che non ha bisogno di presentazioni: ha già realizzato 8 reti nella Juventus e i bianconeri lo riscatteranno per 7 milioni dal Marsiglia a fine annata. Il polacco poteva essere un profilo adatto per la sostituzione di Vlahovic? Crediamo si sì.
I 13 gol che mancano rispetto al girone di andata di un anno fa sono riconducibili, appunto, alla partenza di Vlahovic, autore di 17 centri, esattamente la metà del bottino realizzato dalla Fiorentina (34). E nel ritorno Italiano riuscì a supplire alla perdita del serbo, inventandosi una Fiorentina diversa e con un nuovo goleador: Torreira (5 reti). Come è finita la storia con lui lo sappiamo tutti, purtroppo il suo sostituto, Mandragora, per ora ha fatto vedere poco. Anche per colpa degli infortuni.
Falliti i cambi di Vlahovic e Torreira, la lacuna è nata pure a destra dove Odriozola (al Real faceva la tribuna) era diventato protagonista assoluto. Uno dei migliori terzini della serie A, senza discussioni. I 18 milioni per Dodò, brasiliano proveniente dallo Shakhtar, con provata esperienza in Champions, per ora non sono sembrati congrui. Il paragone con Odriozola è schiacciante. Tutti si augurano che Dodò ci faccia ricredere presto, ma il presente purtroppo dice altro. E così siamo arrivati a tre pedine mal sostituite. Sono tante in una squadra che era arrivata settima. Per la crescita della Fiorentina in campo occorrerà una trasfusione di qualità, ma la stessa servirebbe anche nella società per ridurre il margine di errore nelle scelte manageriali e per crescere.
Sotto tono anche Gollini passato al Napoli. Meno male che a Firenze arriva Sirigu, portiere dal curriculum più che solido. L’unico è Barak a regalare qualche bagliore in più: anche col Torino si è procurato una bella occasione, ma ha trovato Milinkovic Savic a sbarrargli la strada.
In un’annata in cui la Fiorentina si è ritrovata ad affrontare tre competizioni, non indovinare il mercato estivo è stato assai penalizzante. Nonostante questo, ci sono nelle vicinanze due impegni molti stimolanti: i quarti i Coppa Italia col Toro e i sedicesimi in Europa col Braga. Si possono affrontare con un paio di rinforzi credibili? E’ possibile, ma non semplice perché rimediare agli sbagli dell’estate in questo periodo è dura. Non per la Fiorentina soltanto, per tutti.
Anche per Italiano c’è tanto da lavorare. Nel 21/22 Vincenzo è stato il valore aggiunto della Fiorentina. Coraggioso, innovativo, motivatore. Basta questo per raccontare la sua figura. La squadra girava a meraviglia e resisteva a tutto. Smontata e rimontata, la Fiorentina si mostrava impermeabile ai cambiamenti. Aveva un’anima di acciaio che ora, invece, non scorgiamo più. Aveva il piacere del collettivo, adesso no. La Fiorentina vista col Toro era una formazione nervosa, sprovvista di quel mutuo soccorso in partita che prima era sua prerogativa. Italiano deve spingere su questo tasto, ritrovare quello spirito e restituirlo ai propri uomini. Al netto di una conclamata difficoltà offensiva di cui abbiamo trattato a lungo.
Ancora 8 giorni e la finestra invernale del mercato calerà il sipario. C’è un po’ di tempo per aggiustare il tiro. Intorno al nome dell’attaccante c’è un valzer, ma la sensazione è che non ci sia una strada precisa. Da Belotti a Joao Pedro, da Henry a Petagna. Ma ce ne sono tanti altri. Un rebus assoluto. Sarà sciolto? Chissà. Per l’esterno, invece, la pista Brekalo resiste nonostante la concorrenza della Dinamo Zagabria. Un’operazione, tutto compreso da 5 milioni. Brekalo è un buon giocatore, ma non gioca da ottobre con il Wolfsburg.