PRANDELLI ALLA RICERCA DELLA QUALITÀ RIPARTE DAI PIEDI BUONI NEI RUOLI GIUSTI: CALLEJON, RIBERY, CASTRO E BORJA. KOUAME VALORIZZATO COME ESTERNO. ALLENAMENTI AL COMPLETO SOLO VENERDÌ
Prandelli non ha intenzione di affidarsi alla rivoluzione della squadra, non sarebbe nelle sua indole. Troppo bravo per non sapere che chi subentra ha il dovere di farlo in punta di piedi. La sua saggezza è emersa nel giorno della presentazione quando ha parlato di “poche idee, ma molto chiare”. E’ la ricetta di cui necessita la Fiorentina. Zero confusione, molta chiarezza. Il calcio è un gioco elementare per persone intelligenti. L’elogio della normalità rimane l’elemento di continuità dall’inizio del secolo scorso ad oggi. Prandelli è allenatore di grande buon senso, un “normalizzatore”, quantomeno quando naviga in acque poco tranquille. Un “aggiustatore” perché la Fiorentina deve essere un po’ rimessa a posto.
Prandelli è anche altro, sia chiaro. Lo conosciamo bene perché il suo lustro nella seconda parte dei primi anni 2000 fu la sintesi perfetta tra i valori della tradizione italiana e l’innovazione, in tema di allenamenti, aggressività, mentalità europea e calcio propositivo. Ma lì il discorso fu diverso. Cesare fu chiamato insieme a Corvino dai fratelli Della Valle e gli fu consegnata fin da subito una buona squadra, poi implementata nel tempo da calciatori di valore come Mutu, Gilardino, Liverani e altri ancora. La partenza fu bruciante con Luca Toni, bomberone che a fine stagione avrebbe vinto la Scarpa d’Oro, primo assoluto tra gli italiani. La sua eredità l’avrebbero raccolta Totti e Immobile. Eppure anche sulla formazione base del 2005-06 Cesare ci rimise la mani prima di imboccare la strada buona. Lo schieramento base per 5 effettivi (Ujfalusi, Dainelli, Donadel, Jorgensen e Pazzini) era stata costruito l’anno prima da Giovanni Galli. Mentre Corvino aveva preso Frey, Gamberini, Brocchi, Fiore e Toni. Oltre a Pancaro e Di Loreto che partirono titolari anche se durarono poco. Due diesse, due filosofie diverse, ma Cesare cominciò a comporre il suo mosaico.
In difesa Ujfalusi che fino alla precedente stagione faceva il centrale, fu sperimentato a destra, non senza polemiche iniziali. Ma i risultati furono subito efficaci. Cesare aveva visto lungo con il ceco. Nel mezzo Dainelli e Di Loreto, a sinistra Pancaro. Così nelle prime 5 gare, poi Cesare capì che a sinistra c’era un ragazzo che correva di più e crossava meglio: Pasqual. Manuel si prese la maglia dell’ex laziale e nel cuore della difesa un altro giovane come Gamberini si fece largo al posto di Di Loreto. In mediana Prandelli avrebbe preferito un regista - tanto che l’anno dopo sarebbe arrivato Liverani -, ma trovo’ l’alchimia perfetta con due mediani complementari. Donadel leggermente geometrico, Brocchi potente e propulsivo grazie ad una bella cilindrata. Il lavoro più difficile fu sulle corsie dove non c’erano due frecce di mestiere. Prandelli si inventò allora gli esterni “asimmetrici”, sua la citazione, che dettero l’impulso decisivo. A destra Fiore, trequartista sublime, sistemato vicino alla linea del fallo laterale, sempre pronto con la sua classe ad entrare dentro il campo per suggerire l’assist. Sul fronte opposto Jorgensen, un jolly del centrocampo e non solo, grande intelligenza tattica e meno fisicità. Un esterno ragionatore, più equilibrato nella fase difensiva. Davanti Toni, punto e basta. E a turno dietro Pazzini, Bojinov, poi Jimenez, per un 4-4-1-1 vicino alla perfezione. Quella squadra, forte ma imperfetta, era stata aggiustata al meglio da Cesare, così bene da arrivare quarta con 74 punti, poi cancellati purtroppo dalla cimosa di Calciopoli. Il resto è storia nota.
Prandelli adesso subentra in corsa in una squadra non sua e nemmeno del tutto di Iachini, se ripensiamo ad un mercato buono, ma incompleto. Non avrà tempo per gli esperimenti, le prove saranno sostituite dalle partite e soltanto attraverso un percorso di gare l’allenatore potrà capire dove e come intervenire per aggiustare, normalizzare, migliorare.
La prima idea si chiama qualità, cioè rimettere il calcio al centro del villaggio. Si deve ripartire dai piedi buoni perché è l’unica soluzione per vedere zampillare di nuovo la fonte del gioco. Un giocatore sul quale Prandelli ha intenzione di investire è Borja Valero: lo spagnolo da quando è tornato ha avuto qualche acciacco, ma ora sta meglio. Borja ha un’intelligenza superiore alla media, potrebbe davvero restituire un concetto di ordine ai viola e diventare volendo anche una buona alternativa a Pulgar in regia. Borja con Prandelli si giocherà la propria chance.
Ribery è fondamentale per la sua qualità, ma per Cesare dovrà prendere meno calci e soprattutto essere determinante senza che la Fiorentina sia completamente dipendente da lui. Callejon è un altro che ha il calcio nella testa. Ricollocato nel suo ruolo naturale dovrà far decollare la Fiorentina. Castrovilli di qualità ne ha parecchia, deve solo incanalarla nella direzione migliore. La giocata per la giocata non conta, serve quella incisiva che fa saltare il piano dell’avversario. Prandelli sa che se questi quattro girassero al massimo, la squadra non avrebbe difficoltà a volare.
In attacco saranno in concorrenza Vlahovic e Cutrone, mentre Kouame, complice l’assenza - per decorso Covid - di Callejon con il Benevento, potrebbe giocare in fascia al posto dell’ex Napoli. Per Prandelli, che lo ha avuto al Genoa, Kouame non è mai stato un centravanti: lo vede come seconda punta o esterno.
La pausa per le nazionali è stata utile a Prandelli per entrare nel mondo Fiorentina, ma avendo sei nazionali in giro, le prove tattiche sono state difficili. Pensiamo alla difesa: Pezzella ancora ai box, con Quarta, Caceres e Milenkovic con le proprie selezioni. Il gruppo sarà al completo solo venerdì e la sfida col Benevento si disputerà domenica alle 12,30. Prandelli non avrà molto tempo per preparare la partita però con poche idee, ma chiare, sarà tutto più semplice per l’"aggiustatore”.