LA MANITA VIOLA, UN TOCCASANA. CHIESA-VLAHOVIC, RAGAZZI TERRIBILI. DUNCAN, ESORDIO PERFETTO. BADELJ C’È, AL NETTO DEL ROSSO. MANCANO 12 PUNTI ALL’OBIETTIVO
La manita viola, cinque gol alla Samp, ottimo toccasana per mordere un momento che in fase di premessa faceva un po’ paura. Il sabato non aveva avuto niente di magico: Lecce e Genoa scatenate, la distanza dalla zona calda ridotta a meno 3 punti, cielo color piombo a Marassi, la domenica pareva diventata una ghigliottina. Ma se il calcio è lo sport più bello del mondo una ragione ci sarà. Le partite sono singoli capitoli di un romanzo infinito. Non sai mai cosa leggeremo. Proprio quando ti aspetti l’imboscata di un vecchio amico come Ranieri - allenatore che regalò due trofei ai viola e una promozione al passo dei bersaglieri - arriva la manita, Samp sbriciolata.
È stata una gara strana, ma talvolta eventi così capitano. La Fiorentina ha fatto tutto benissimo, se è possibile anche qualcosa in più, mentre la Samp non ha fatto niente, se è possibile anche peggio. Banalizzando la sintesi della partita di Marassi si arriva a questo verdetto. Quando le sfide sono così in discesa per chi esulta e agghiaccianti per chi soccombe, diventa sempre dura stabilire dove si esauriscano i meriti del vincitore e dove comincino, invece, i demeriti di chi si è arreso incondizionatamente.
Partiamo dai punti fermi.
Primo: la Fiorentina, proprio alla luce di una classifica poco rassicurante, doveva fabbricare una risposta aggressiva sul piano temperamentale e del gioco. Questa è arrivata prepotente, quasi arrogante.
Secondo: i benefici per la classifica sono evidenti. Samp ricacciata a 5 punti insieme al Lecce, Genoa rimesso a sei di distacco, sotto poi ci sono anche Udinese e Torino (che giocherà stasera contro il Milan). Insomma, una bella fuga in avanti per la Fiorentina.
Terzo: il mercato di gennaio comincia a dare i propri frutti. Duncan ci è piaciuto parecchio nelle due fasi. Difende benissimo la palla, sa usare il corpo, ma ha anche un buon tocco quando scarica. Duncan velocizza il gioco là nel mezzo e la Fiorentina ha bisogno di spostare il pallone con modalità più rapide.
Quarto: Chiesa (’97) e Vlahovic (2000) stanno bene assieme, si cercano, si trovano. Ragazzi terribili che hanno griffato 4 gol su 5 dei viola a Genova. E anche sul primo, autorete blucerchiata, c’è stato lo zampino del serbo: sua l’azione che ha promosso l’errore di Thorsby, senza dimenticare la progressione splendida di Milenkovic. Chiesa ha raggiunto, con la doppietta realizzata nella città in cui è nato, la cifra di 21 gol in 121 presenze in campionato con i viola. Mentre Vlahovic al primo anno di serie A ha già messo dentro 6 palloni in campionato. In questo caso non bisogna guardare le presenze perché Dusan non è partito titolare, bensì il tempo che Montella e Iachini gli hanno concesso. In totale Vlahovic ha giocato solo 966 minuti spalmati su 20 gare di cui 12 da subentrante. Sono numeri pesanti per un ventenne orfano di passato, ma con un domani ricco davanti agli occhi.
Quinto: Badelj è stato recuperato da Iachini come avevamo capito sin dal dopo Atalanta. Il tecnico viola aveva criticato aspramente l’approssimazione dei passaggi dei suoi giocatori, reclamando un ritorno al pensiero, al ragionamento nel cuore delle operazioni. L’unico che poteva assicurare questi requisiti era proprio il croato. Al netto dei due gialli che hanno causato la sua espulsione, francamente sul secondo coltiviamo dei dubbi, la prova di Milan è stata convincente. Un avanzamento del suo stato di forma autorizza a sperare in qualcosa di meglio per lui e soprattutto della Fiorentina che ha bisogno di un regista vero e non spurio come Pulgar, più adatto a recuperare palloni.
Sesto: il lavoro di Iachini si vede ed è stato elaborato solo in 40 giorni. La sua Fiorentina ha fatto il proprio dovere contro chi doveva farlo: pareggio a Bologna (quasi vittoria…), tre punti con la SPAL, uno col Genoa, altro trionfo a Marassi. A Napoli, contro molte previsioni, Iachini ha vinto. Successo anche con l’Atalanta in coppa, quella sì che è stata una sorpresa. Contro Inter (Coppa Italia) e Juventus, gare che non rientravano nelle possibilità dei viola, la Fiorentina ha perso immeritatamente. Con l’Atalanta, invece (in Serie A), altra avversaria fuori dalla portata di questa Fiorentina, sconfitta giusta. Il campionato dei viola ricominciava a Marassi e l’occasione non è stata sprecata. Capire l’importanza degli appuntamenti da non fallire quando il calendario li prevede, è sintomo di consapevolezza e serietà. Questi sono piccoli mattoni insostituibili per arrivare alla costruzione della casa che quest’anno, con buona pace del partito degli ottimisti e degli esteti, si chiama salvezza.
Settimo: se teniamo come riferimento quota 40 punti, alla meta finale ne mancano 12. Ci sono 14 partite in programma con un monte premi di 42 punti, insomma con calma ed umiltà l’impresa si mostra raggiungibile e magari in tempi non dilatati.
Si chiude una settimana in cui si è parlato tanto di stadio e poco di campo. Il ciclone Commisso si è abbattuto su Firenze e su chi la guida, ma anche sul calcio italiano. C’è un dato positivo: ad arbitrare la Fiorentina in trasferta è stato mandato uno dei più autorevoli fischietti italiani. E’ un segnale di rispetto per i viola. Forse qualche sottolineatura di Rocco è servita. I rigori c’erano entrambi, non ci sono stati regali. Il resto è cronaca.