ITALIANO NON È IL PARAFULMINE MA IL VERO VALORE AGGIUNTO DELLA FIORENTINA. COL BASILEA UNA NOTTE CHE VALE 33 ANNI D'ATTESA. MA DOV'È IL VERO GONZALEZ?

16.05.2023 10:22 di  Andrea Giannattasio  Twitter:    vedi letture
ITALIANO NON È IL PARAFULMINE MA IL VERO VALORE AGGIUNTO DELLA FIORENTINA. COL BASILEA UNA NOTTE CHE VALE 33 ANNI D'ATTESA. MA DOV'È IL VERO GONZALEZ?

C’è un’immagine che più di tante altre deve essere presa ad esempio per sintetizzare il momento attuale della Fiorentina. Ovvero la squadra che domenica pomeriggio, richiamata ormai a pochi metri dagli spogliatoi, si posiziona ai piedi della Curva Fiesole per prendersi l’applauso e l’incoraggiamento di una intera città, a pochi giorni da quella che ha tutti i contorni della gara più importante degli ultimi 33 anni. C’è poco da fare, la prospettiva di tornare nella finale di un torneo internazionale dopo quella doppia persa nel 1990 contro la Juventus ha un sapore troppo speciale, anche perché permetterebbe alla società viola di diventare il primo club d’Europa a disputare tutte le finali dei tornei patrocinati dalla Uefa: Coppa dei Campioni nel 1957, Coppa delle Coppe nel 1961, Coppa Uefa nel 1990 e - siate pronti agli scongiuri - Conference League nel 2023. Nessuno nella storia calcistica del vecchio continente ci è fin qui riuscito.

Ecco perché dispiace che la marcia di avvicinamento alla sfida di ritorno contro il Basilea sia stata guastata da un clima ben poco accomodante, specie nei confronti di Vincenzo Italiano, quello che probabilmente era e resta ancora oggi il vero valore aggiunto dell’ultimo biennio viola. Intendiamoci, lo sfogo avuto in sala stampa domenica dopo la vittoria contro l’Udinese poteva essere (forse) posticipato ad un altro momento - specie perché la Fiorentina si era da poco messa alle spalle la figuraccia social del duo Jovic-Terzic - eppure in un certo qual modo comprendiamo (almeno, lo fa chi vi scrive) la reazione alle critiche ricevute in settimana dal tecnico. Una serie di note di biasimo ritenute in alcuni casi fin troppo eccessive - poco da parte di tifo, molto da parte della stampa - che non sono state mandate giù dall’allenatore, che ha scelto di togliersi in maniera molto inaspettata qualche sassolino dalla scarpa.

Eppure ci sono dei numeri che fin qui sono forse stati troppo a lungo ignorati e che devono essere messi gioco forza sul piatto quando si vuole davvero fare un’analisi obiettiva di quella che è stata fin qui la stagione viola. Alle 54 gare già giocate dalla Fiorentina (che potrebbero arrivare fino a 60, in caso di conquista della finale a Praga, record per una formazione italiana) va infatti aggiunto il fatto che la squadra viola sarebbe sesta in classifica a due punti dalla zona Champions, davanti ai campioni d’Italia uscenti del Milan, se si prendesse in esame solo il girone di ritorno. Segno evidente che, dopo una prima parte di campionato modesta (in cui alcuni giocatori sono stati praticamente assenti o almeno non al livello attuale), la formazione viola ha reagito e ha dimostrato di saper raggiungere picchi di valore notevoli. E chi se non Italiano - alla sua prima stagione in carriera su tre fronti, è sempre bene ricordarlo - ha saputo dare la sterzata decisiva?

Nelle mani del tecnico adesso è riposto il compito più difficile. Ovvero quello di riportare la Fiorentina non solo a vincere una coppa (ha ancora due chance alla portata per farlo) ma anche a primeggiare in Europa, cosa che non accade da 62 anni. E se il piccolo vantaggio dal quale la Fiorentina potrà ripartire dopodomani a Basilea sarà il fatto di non dover fare i conti con la gestione del risultato (visto che potrà concentrasi solo sul mettere in atto al meglio il suo stile di gioco aggressivo), dall’altro sarà utile capire quando Gonzalez avrà intenzione di dimostrarsi un giocatore all’altezza del valore con cui è stato pagato ormai quasi due anni fa. L’impatto e la gestione della partita di domenica contro l’Udinese non sono affatto piaciuti ma piuttosto, come in altre uscite, sono serviti soltanto ad aumentare le perplessità sul conto dell’argentino, il cui piatto - ad oggi - piange. In estate, tanto su di lui quanto su Jovic, servirà una riflessione seria e onesta.