Il sogno Champions e una realtà che si chiama salvezza, ma per Rocco è tutto "ok ok ok"

Dopo tutte le speranze, le illusioni, le aspettative indotte e i sogni fatti balenare dinanzi agli occhi dei tifosi, la realtà dell’assenza di personalità e di gioco, la carenza di qualità assoluta dei giocatori e la condizione fisica lacunosa hanno riportato la Fiorentina di Pioli dinanzi all’oggettività dei suoi numeri pietosi. Adesso la squadra ha già accumulato un ritardo che cassa tristemente gli obiettivi che si era prefissa ad inizio stagione. La Champions iscritta sulla famosa lavagnetta di Pioli oggi assume i contorni di una presa per i fondelli, infatti la realtà con quei tre punti in classifica non può che chiamarsi salvezza, come a dire che quest’anno la vera Champions per la Fiorentina sarebbe raggiungere una salvezza non troppo tribolata, un bel cambio di paradigma, un brusco e amaro risveglio con la bocca impastata e la testa pesante.
Perciò sarà bene richiudere a chiave nel cassetto i sogni di gloria, laddove sono chiusi ormai da diversi lustri, per mettersi in testa di giocare per la permanenza in A, senza fronzoli e illusioni, senza orientare la mente verso sogni che non appartengono più alla dimensione Fiorentina o almeno non le appartengono in quest’era americana di basso impero. Pioli e i suoi dovranno mettersi in testa di lavorare con umiltà contentandosi di muovere la classifica nell’ottica di raccogliere punti preziosi, un cambio di mentalità necessario ancorché spiacevole. In questo frangente la curva ha inteso concentrare tutte le sue critiche sul solo Pradè, come se il Ds si confermasse da solo ogni anno attraverso un golpe armato e ogni decisione non fosse in capo al proprietario Rocco Commisso, ma evidentemente per qualche ragione il tifo più caldo non intende trarre le logiche conclusioni dalla situazione corrente.
E anche la proprietà sceglie di non scegliere rifugiandosi nell’immobilismo, anche se va detto che Commisso ha almeno la giustificazione di essere lontano e non in buone condizioni di salute, perciò dopo vecchio mantra del ‘fast fast fast’ (che per la vicenda stadio non ha portato troppo bene) adesso è come se pronunciasse un altrettanto stringato ‘ok ok ok’, a significare che è tutto a posto e nulla si tocca, non la dirigenza e neppure l’allenatore, infatti per molti Pioli è protetto non già dalla convinzione che possa risollevare presto la squadra, ma da una logica economicista che impone di tenerlo perché ha un contratto triennale molto oneroso che bisognerebbe onorare anche in caso di esonero, insomma il contrario esatto di un buon motivo di natura tecnico sportiva. Senza contare che non operare un cambio in panchina adesso significa non farlo neppure dopo poiché dalla prossima gara col Milan in programma il 9 ottobre, si giocheranno ben sette partite fino al 9 novembre data della partita col Genoa e si giocherà ogni tre giorni (difficile quindi pensare che si possa cambiare in un lasso di tempo tanto breve), per fare l’operazione di cambio della guida tecnica nel caso bisognerà poi probabilmente attendere la sosta di metà novembre in una procrastinazione che potrebbe diventare davvero pericolosa per la classifica viola.
Esattamente alla stessa maniera non scegliere un’altra direzione tecnica della società, insomma non cambiare Pradè ora significa affidare a lui anche il prossimo mercato invernale, una sessione che potrebbe non essere di banale impatto sulla squadra, infatti è lecito domandarsi se sarebbe una buona idea confermare ancora due ectoplasmi come Gudmundsson e Fagioli, i giocatori che dovevano costituire la gran parte della cifra tecnica della squadra e ne sono le maggiori delusioni. Scegliere l’immobilismo adesso, come pare abbia già fatto Commisso, significa condannarsi ad una deriva anti calcistica e pericolosa che durerà per diverso tempo ancora.
Ma per qualcuno la situazione non è poi così grave, infatti dopo la sconfitta con la Roma alcuni, Kean compreso, hanno apertamente invocato l'attenuante della sfortuna e taluni saranno forse tentati di invocarla a scusante dell’attuale situazione non solo della squadra, ma anche dell’allenatore e della dirigenza, si sa bene come l’epidemia degli alibi sia perniciosa. A tutti i lagnosi che chiamano in causa la cattiva sorte ben risponde il poeta dicendo secco: "Chi è cagion del proprio mal pianga se stesso".
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