Un (altro) punto e un’altra sconfitta scongiurata, la cura Vanoli regala i primi frutti. Di questi tempi tocca accontentarsi
Se di un passo alla volta era giusto parlare, quello di ieri è certamente un altro di quei passi. Oddio, facendo mente locale all’avversario dimesso vestito di bianconero è inevitabile il retrogusto amarognolo per una Fiorentina ancora parecchio convalescente, ma vista la condizione in cui versa l’intero universo viola converrà tenersi stretto un altro punto lungo un cammino di risalita che già si sapeva sarebbe stato lungo e faticoso.
La paura del primo tempo
Insomma è evidente la quantità di problemi che Vanoli deve ancora risolvere, e pure Il fatto che ancora determinati meccanismi debbano essere rinforzati. A centrocampo, per esempio, la qualità di Fagioli resta molto nascosta e comunque non a disposizione della manovra corale, quanto a Sohm la prova di ieri pare un passo indietro rispetto ai segnali incoraggianti degli ultimi tempi. Eppure quel che ha preoccupato di più nei primi 45 minuti (divenuti poi 50, utili a Kostic per segnare) era stata proprio la paura con la quale la squadra giocava, concetto ribadito dallo stesso Vanoli nel dopo gara.
Metamorfosi all’intervallo
Così l’aspetto più positivo non può che essere la reazione da squadra nel secondo tempo, quando Mandragora ha ristabilito l’equilibrio ma soprattutto gli altri hanno cominciato a giocare di più per il collettivo. La ricerca del “noi” che Vanoli ha tirato in ballo venerdì si è materializzata nella ripresa, ed è con quelle vesti che la Fiorentina può sperare di tirarsi fuori dalle sabbie mobili della bassissima classifica. Certo, servirà trovare anche un’identità diversa di gioco, ma per il momento, per tirar fuori la testa dall’acqua, è dall’atteggiamento del secondo tempo che i viola possono e devono ripartire.
Il bisogno di accontentarsi
Ovvio, difficile esaltarsi di fronte a una squadra che ancora insegue la prima vittoria in campionato e si ritrova a sfidare statistiche e previsioni in ottica salvezza, ma scorciatoie non ne esistono. Non solo a parole, insomma, era necessario ricostruire la nuova dimensione viola, ma anche in campo, attraverso il sacrificio e la sofferenza, doti che in qualche modo si sono viste e che possono far sperare Vanoli e tutti i tifosi. Affinché presto, il prima possibile, si possa tornare ad accontentarsi di vittorie striminzite piuttosto che di pareggi più figli dei nervi che del gioco.
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