Il voto al mercato è positivo (con un paio di dubbi). Brava Fiorentina a trattenere i migliori, compreso Comuzzo. Ora ci sono alternative in ogni ruolo. Grana esuberi e rosa troppo lunga: difficile rimediare gli errori del passato

È finito il mercato e diamo i voti, anche se i veri giudici saranno il campo e il tempo: noi intanto spieghiamo come abbiamo scomposto la media finale, fra obiettivi centrati e rimbalzi, per arrivare alla sintesi che anticipiamo: un 6,5 che potrebbe essere più abbondante. Almeno due dubbi ci impongono una riflessione ampia, pur riconoscendo la volontà di migliorare mostrata dal club.
La capacità di trattenere i migliori (8) va al primo posto nella categoria che alza i meriti della Fiorentina, che fra investimenti e riscatti ha chiuso le operazioni con un pesante passivo. Non era scontato che Kean restasse e rinnovasse alzando il valore della clausola, aver confermato anche gli altri big è la dimostrazione che se il lavoro è ben fatto anche i calciatori forti ci credono. Il fascino delle altre società dipende anche dalla credibilità della propria. Dunque passi in avanti in poco tempo, dopo il disastroso addio di Palladino per colpa di uno dei cortocircuiti più clamorosi visti nella storia viola. L’aver subito scelto Pioli convincendolo fra l’altro ad abbassarsi di 9 milioni l’ingaggio (voto 7) è oltretutto la dimostrazione che si può rinunciare a un po’ della propria centralità - parliamo della proprietà e dei dirigenti che la rappresentano - nei momenti in cui c’è bisogno di un punto di riferimento che si prenda la responsabilità e anche buona parte degli eventuali meriti.
Il vero punto dolente (4) è la gestione degli esuberi, anche perché la rosa è rimasta più lunga di quanto avrebbe voluto Pioli e in alcuni momenti la necessità di piazzare giocatori poco appetibili e con ingaggi preziosi ha condizionato operazioni che erano avviate. L’esempio principale è quello di Lindelof, che è passato all’Aston Villa perché la Fiorentina ha chiesto tempo sperando di poter completare un’uscita nel reparto arretrato. C’era Comuzzo sul bordo dell’addio? Noi speriamo di no, in ogni caso la Fiorentina ha rifiutato un’offerta di 25 milioni dall’Atalanta e per quanto ci riguarda siamo contenti che il giovane difensore sia rimasto: un segnale di compattezza, anche se pochi giorni prima un’offerta di 35 milioni arrivata dall’Arabia aveva fatto vacillare il club, eccome.
Comunque sono rimasti in rosa in rosa troppi ingaggi alti con funzionalità bassa, cartellini che nel tempo sono stati parzialmente ammortizzati a livello finanziario, ma non hanno aggiunto il contributo sperato a livello tecnico: qui Pradè ha parecchio da farsi perdonare, anche perché la maggior parte delle uscite più recenti è stata a ricavo zero, oppure minimo. I prestiti ‘secchi’, a cominciare da quello last minute di Beltran al Valencia per un milione, sono principalmente serviti per liberarsi degli ingaggi. Richardson e Sabiri hanno rifiutato il Verona e il Monza, non granché per Pioli che aveva chiesto un gruppo senza esuberi (e questo è il secondo dubbio).
La profondità della rosa (7) offre all’allenatore alternative valide in ogni ruolo, sebbene il centrocampo resti il reparto che da quando c’è Commisso ha attraversato le maggiori tempeste senza trovare continuità e anche stavolta in pratica si riparte. Non è arrivato il super giocatore che ci si aspettava, il club ha comunque investito parecchio in Fazzini, Sohm, Nicolussi Caviglia offrendo più opportunità al tecnico, che potrà giocare con un play, oppure due centrocampisti.
Il voto per l’attacco è alto, il mega investimento per Piccoli ci è sembrato un segnale chiaro per quanto riguarda il segnale di migliorarsi laddove la coperta era cortissima. È una mossa fatta in anticipo per cautelarsi in caso di partenza di Kean, fra un anno? Possibile, ma dopo i gravi errori fatti in passato dopo la cessione di Vlahovic non sarebbe in ogni caso una mossa sbagliata.
Veniamo alla squadra. Qualificazione alla prima fase di Conference ottenuta contro il Polissya (e ci mancherebbe), mentre in campionato la Fiorentina di Pioli - esattamente come quella di Palladino - ha messo insieme due punti in due partite, entrambe in trasferta. La posizione in classifica è praticamente la stessa rispetto a un anno fa, undicesimo posto, anche se con Palladino i pareggi contro Parma e Venezia furono più complicati. Ma sono dettagli. Il fatto è che la svolta di Pioli per ora deve fare i conti con un apprendimento lento, la lettura delle situazioni di gioco è meno ‘smart’ del previsto. La fluidità s’inceppa perché i nuovi principi di gioco lasciano più libertà nella fase di attacco, ma pretendono proprio per questo concentrazione nella fase difensiva. La linea arretrata a tre offre il pregio di sfruttare la spinta di Dodo e Gosens e abbiamo il sospetto che Pioli abbia cercato di non sconvolgere troppo quel che c’era, dopo un confronto con i protagonisti. Il centrocampo sarà valutato meglio dopo l’innesco di Nicolussi Caviglia, avendo preso atto che Fagioli ha funzionato parzialmente da play. Meglio da mezz’ala? Dopo il dovuto ringraziamento a De Gea, decisivo in Conference e contro il Toro, chiariamo subito che la soluzione con due punte è coraggiosa quanto basta per crederci. Per ora solo l’Inter - che ha Lautaro e Thuram - si permette questa soluzione, ma la speranza di Pioli è quella di poterla proporre più volte possibile. Anche contro il Napoli, il 13 settembre? In ogni caso Kean e Piccoli dovranno trovare una convivenza migliore, ma è certo che insieme creeranno molti problemi a qualsiasi difesa (e non è poco). Il resto della Fiorentina dovrà essere in grado di trovare equilibrio e innescare rifornimenti. Tutto questo in attesa di Gudmundsson, chiamato a sbocciare verticalità negli spazi. Per ora è stato marcatissimo, ma dalla gabbia bisogna saper uscire con il talento per non perdere il posto, perché è pronto un certo Fazzini. È il bello di avere alternative in tutti i ruoli, compreso finalmente quello di Dodo.
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