A TORINO CON LA RABBIA E L’ORGOGLIO. CRISI VIOLA, MA CON SEGNALI DI SPERANZA: DIFESA E CONTROPIEDE, È L’UNICA STRADA. PAVOLETTI È L’IDEALE, PROVACI FIORENTINA

21.12.2020 11:15 di  Mario Tenerani   vedi letture
A TORINO CON LA RABBIA E L’ORGOGLIO. CRISI VIOLA, MA CON SEGNALI DI SPERANZA: DIFESA E CONTROPIEDE, È L’UNICA STRADA. PAVOLETTI È L’IDEALE, PROVACI FIORENTINA
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© foto di Giacomo Falsini

Nel manuale del bravo allenatore ci sono frasi che non tramontano mai: "Certe partite si preparano da sole...". Anche senza tecnici in panchina, verrebbe da aggiungere. Ma non è così. Per fortuna. Di allenatori bravi ne hanno bisogno tutti. E’ vera la la frase, però. Per la Fiorentina la sfida con la nemica di sempre porta in sé tali motivazioni, da non sbattersi più di tanto per trovarne altre. A Torino o a Firenze non cambia, una sfida che mai sarà uguale alle altre. Anche quando le forze in campo non sono equilibrate, questo è capitato spesso; ora addirittura impari vista la sperequazione di valori tra le due formazioni. La nuova Juventus di Pirlo, tra l’altro, dopo un avvio stentato, quantomeno per quella latitudine, sembra aver trovato il passo giusto: in 13 partite 7 vittorie e 6 pareggi, ma la prova di Parma è stata molto convincente. E’ opinione comune che i motori bianconeri siano praticamente a regime e questa non può essere una buona notizia per la Fiorentina. Ma il discorso non deve essere affrontato su questo terreno perché altrimenti dovremmo parlare di un non partita in partenza. Il calcio per fortuna sa regalare traiettorie straordinarie, talvolta inimmaginabili, da portarci su un altro terreno, quello del "tutto è possibile". La Fiorentina deve aggrapparsi alla scialuppa del "tutto è possibile". Deve credere che a Torino si possa fare un risultato positivo, magari vincere. Quota altissima, lo sappiamo ed è giusto giocarla. Perché solo così un gruppo minato da molte incertezze può sperare di ritrovare qualche punto fermo. E buono pure per la classifica. Sono 11 in 13 gare. Media bassa, troppo. Parecchio pericolosa. Anche se quest’ultima giornata di campionato ha dato una mano alla Fiorentina con risultati utili ai viola per la lotta salvezza. 

Non c’è una ricetta per affrontare la Juventus, solo un’applicazione feroce, in termini tattici e di concentrazione. Per non perdere a Torino o addirittura vincere serve che contestualmente si verifichi questa congiunzione astrale: prestazione pessima dei bianconeri abbinata ad una esaltante gara dei viola. La Fiorentina dovrà giocare domani sera allo Stadium con lo spirito dei suoi tifosi. In campo con la rabbia e l’orgoglio. Elementi imprescindibili del Dna di Firenze

Dopo il Verona è proseguito il dibattito con l’esegesi sui bicchieri: il fronte del mezzo pieno opposto a quello del mezzo vuoto. Chi scrive ritiene che il primo abbia delle ragioni anche se si può comprendere chi al contrario continua a non scorgere segnali positivi. Il bicchiere è mezzo pieno perché la Fiorentina nelle ultime due partite ha cambiato atteggiamento. E’ poco? Può darsi, ma è qualcosa di tangibile. Rispetto al deserto delle altre gare. Il ritorno alla difesa a tre, estendibile ai cinque, ha ridato un po’ di certezze ad un gruppo davvero incerto. In più la voglia di non abbattersi dopo essere passati in svantaggio, soprattutto quando ti fischiano contro un rigore ridicolo. 

La Fiorentina ci ha provato: purtroppo nel tentativo di vincere sono emersi limiti vistosi nella costruzione di palle gol per un attacco già poco votato a segnare. Ma per salvarsi intanto occorre essere vivi, avere sangue nelle vene oltre ad una buona dose di testa. Questi elementi con Sassuolo e Verona sono emersi. Invece con Genoa e Atalanta e anche in altre occasioni no. Sassuolo e Verona, poi, sono squadre contro le quali è difficile giocare: sono spigolose, organizzate, corrono tanto e con un gioco collaudato, senza dubbio più di quello viola. Niente di straordinario, ma ci ostiniamo nel sottolineare che queste due partite hanno mostrato un profilo caratteriale diverso della Fiorentina. E migliore. 

Non ci sono alternative: per trarsi d’impaccio da questa sgradevole condizione di classifica resta solo una strada. Difesa e contropiede. E via andare. Rinviato a tempi più felici il concetto di un calcio estetico, espressivo e competitivo. Ora serve una Fiorentina in tuta blu per salvarsi. Un’anima operaia. 

A Torino si consumerà l’ultimo atto di un 2020 calcistico da dimenticare per mille ragioni. Per la Fiorentina ancora di più. Alla ripresa dell’anno ci sarà il Bologna a Firenze, come un anno fa: allora era il 6 e si giocò al Dall’Ara, fu la prima di Iachini, con il pareggio extra time di Orsolini. Forse da lì avremmo dovuto capire qualcosa… Il gennaio che si prospetta alla Fiorentina è di grande difficoltà: col Bologna appunto, poi a Roma con la Lazio, in casa col Cagliari, in trasferta al "Maradona", a Firenze col Crotone  e infine il 29 a Torino. Nel mezzo l’intermezzo della Coppa Italia il 13 con l’Inter. Questo cammino che non ricorda una passeggiata al parco a primavera, induce ad una riflessione: la società deve rinforzare la squadra e lo deve fare il prima possibile perché questo mese rischia di diventare decisivo per la marcia viola verso la permanenza in serie A. Minimo sindacale: un attaccante. Il problema è talmente visibile agli occhi di tutti che non c’è bisogna di ribadirlo. Non è facile però trovare in questa sessione invernale delle occasioni che facciano al caso dei viola perché in giro ci sono giocatori troppo cari o troppo pagati o poco invogliati a calarsi in una realtà meno competitiva, come purtroppo risulta la Fiorentina attuale. Occorrono idee: una potrebbe essere Pavoletti, centravanti livornese, di lotta e di governo. In aria è uno dei più forti in Europa: prima degli infortuni era stato per un periodo il miglior realizzatore aereo dei tornei continentali. Leonardo confeziona gol belli e sporchi, aiuta a giocare la squadra, in avanti fa la guerra con tutti i difensori. Pavoletti da toscano doc ha sempre guardato a Firenze come ad una tappa da sogno. Il Cagliari probabilmente non ha voglia di cederlo anche se ha Simeone e Cerri in quel ruolo. Proprio adesso che "Pavo" è tornato ai propri livelli dopo tanta sfortuna. Classe ’88, bomber in là con gli anni, ma con tanta energia. Servono 7-8 milioni, forse qualcosa meno, ma è un giocatore pronto. Non è poco di questi tempi. Per un gennaio così intenso, si deve portare a Firenze gente che non abbia bisogno di qualche settimana di prova...