RESET
E se davvero, ancor prima di qualsiasi auspicio sbandierato ai quattro venti, il movimento calcio riuscisse a riprendere il cammino in condizioni più salubri? In una domenica di silenzio e stadi chiusi come la maggior parte delle altre attività del paese potrebbe pure esserci spazio per qualche spiraglio di speranza nella valle di lacrime del pallone. Uno scenario che innanzi tutto chiederà sostegni al governo, ma che inevitabilmente oggi si ritrova a fare i conti con il proprio passato.
Una storia fatta di indebitamenti diventati col tempo cronicità piuttosto che semplice investimento iniziale, di equilibri mantenuti nella ripartizione dei diritti televisivi considerati fonte primaria di esistenza per ogni club senza troppi criteri di equità. Insomma un sistema il cui rosso in bilancio oggi rappresenta una delle spie più inquietanti della recessione che attende il paese e di conseguenza un'industria trainante come quella del calcio.
Vien da pensare allora che anche in questo ambito la ripartenza possa coincidere con un azzeramento che riporti la competizione al centro, che privilegi l'equilibrio nelle forze e una ripartizione delle risorse economiche più democratica, oltre ad incentivare e sostenere chi, Fiorentina in primis, punta a concretizzare la chimera di un impianto di proprietà. Rinascere dalle ceneri di un virus che ha fermato tutto, pure quel calcio che per giorni ha preferito discutere di porte aperte o chiuse salvo accorgersi che era già fuori tempo limite, è oggi forse il miglior augurio che si possa fare allo sport più amato dagli italiani.