L'IMPORTANZA D'ESSER VIOLA

02.04.2015 20:00 di  Giulio Incagli   vedi letture
L'IMPORTANZA D'ESSER VIOLA
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© foto di Federico De Luca

Storie di calcio, fatte di valori e sentimenti, che alimentano sogni e speranze, dando ossigeno ad un mondo troppe volte schiavo di un effimero materialismo. Quella di Emiliano Viviano, portiere della Sampdoria nato sulle colline di Fiesole, è una di quelle storie che fanno innamorare di questo sport. Un inno al calcio in tutta la sua purezza.

Il genoma del tifoso viola non ti dà scampo, ti attacca fin dai primissimi passi. È un qualcosa che si tramanda. Di padre in figlio, di generazione in generazione. Tifare Fiorentina è speciale e straordinario in tutta la sua complessità. Un sentimento che stravolge, appunto, l’ordinario modo di approcciarsi ad una squadra di calcio. Il viola è molto di più di un colore e il giglio molto di più di un semplice stemma. Lo sa bene Viviano, che sul cuore ha lasciato spazio solo per un enorme giglio, appunto. Un omaggio a Firenze e alla Fiorentina, come uno dei tanti tifosi con l’abbonamento in Fiesole consumato dall’acqua presa in motorino per arrivare al Franchi. Sì, proprio come loro, perché Emiliano è uno di loro. Chissà quante volte nelle fredde mattine d’inverno avrà guardato il Franchi deserto, scendendo da Fiesole per andare a scuola, sognando magari, un giorno, di poter solcare proprio l’erba di quello stadio. Del suo stadio. Il sogno, l’aspirazione massima di ogni bambino che muove i primi passi calciando una palla.

Impossibile. Troppo bello e perfetto per esser vero. Si sarà dato anche qualche schiaffone Emiliano, prima di quel Fiorentina-Udinese. Il sogno era diventato realtà e sopra il cuore gigliato (nel vero senso della parola), c’era finalmente la maglia viola. Tutto troppo bello per esser vero, appunto, e quello che è successo nei 9 mesi successivi, nonostante porti con se rimpianti e delusioni, non trascende dal concetto di bellezza e purezza di questo gioco.

Emiliano ha esaudito il suo sogno più grande, solcando l’erba del Franchi e ammirando dall’altra parte della balaustra la sciarpata della sua Fiesole. Non è riuscito ad ergersi a simbolo e bandiera della Fiorentina, forse ostacolato, oltre che dall’infortunio al ginocchio dell’anno precedente, dal suo sentirsi viola in tutto e per tutto. Viola. Come sua figlia. Molto più di un colore per lui. Paradigma, stile di vita, di un ragazzo come tanti, diventato unico.