LA FIORENTINA DEI DV (2010-19): AZZARDO E ROTTURA FINALE
Dopo aver toccato il momento più alto della sua storia (LEGGI QUI la prima parte del racconto), la Fiorentina dell'Era Della Valle non è più riuscita a qualificarsi per la Champions League, pur raggiungendo diverse volte l'Europa League, in cui è riuscita ad arrivare di nuovo in semifinale, fermata però ad un passo dal sogno. Nonostante ciò però l'andamento è sembrato tendere verso un progressivo decadimento, pur con un paio di decisi scossoni verso l'alto lungo il percorso. Ripercorriamo ora gli ultimi nove anni della proprietà DV, quelli dal 2010 al 2019.
IL DIFFICILE POST-PRANDELLI: MIHA E DELIO ROSSI - La gestazione del post-Prandelli, visto e considerato il fortissimo legame che si era venuto a creare tra l'allenatore di Orzinuovi e la piazza gigliata, ma anche con la squadra, ha comportato più di una difficoltà. L'erede designato è stato Sinisa Mihajlovic, mai riuscito però realmente a conquistare il cuore del popolo gigliato. Una stagione e mezza con il serbo in panchina e pochi risultati. La prima tutto sommato dignitosa, vede la sua Viola arrivare al nono posto, lontana sette punti dall'Europa. Ma quella successiva è un incubo ad occhi aperti: se si eccettua l'anno della complicata salvezza all'ultima giornata con il Brescia, e lo scempio visto quest'anno, il 2011/12 è probabilmente la stagione horribilis per eccellenza nell'almanacco dell'Era Della Valle. Una salvezza conquistata alla penultima giornata, ma arrivata dopo un cammino disastroso. Cominciato già male sotto Miha, esonerato e sostituito poi a furor di popolo con Delio Rossi. Le cose però non hanno fatto che andare peggio. La squadra è crollata in casa sotto i colpi della Juventus, nel purtroppo indimenticabile 0-5 viziato anche da una clamorosa ingenuità di Cerci, uno dei giocatori che ha trovato meno feeling in assoluto con la tifoseria nella storia viola, espulso già a metà promo tempo. Poi l'episodio clamoroso: al Franchi si sta consumando una sorta di tragedia, con il Novara che conduce di due gol. Rossi chiama fuori Adem Ljajic, cui scappa detto qualcosa di troppo. Le ricostruzioni sul caso si sprecano, fatto sta che il tecnico arriva alle mani per esplicitare i propri concetti. Una messinscena che gli costa il posto, con Guerini che subentra e conduce la squadra alla salvezza a Lecce. Ma Firenze è una polveriera e si prepara una rivoluzione. In molti perdono il posto, in primis l'allora ds Pantaleo Corvino. Lo ritroveremo più avanti.
LA RIVOLUZIONE FINITA PER UN AZZARDO - L'estate del 2012 vede arrivare in cabina mercato un duo destinato a lasciare il segno: Daniele Pradè e Eduardo Macia. I due stravolgono totalmente la rosa e la affidano ad un allenatore rampante quale Vincenzo Montella. Sarà una delle unioni tecniche più felici nell'intera Era Della Valle, che porterà in riva all'Arno giocatori amatissimi dai tifosi. Per fare qualche nome: David Pizarro e il duo prelevato dal Villarreal, il leader carismatico, scopertosi anche difensore goleador a Firenze, Gonzalo Rodriguez e colui che sarà premiato anche di fascia simbolica nel ruolo di sindaco, Borja Valero. Un gioco fatto di fitte trame, di fraseggi prolungati e di uscite a testa alta. Una Fiorentina soprattutto capace di raggiungere con continuità l'Europa, anche se si è trattato sempre di quella minore, se così la si può chiamare. E poi venne il 2013, anno del Grande Azzardo: Andrea Della Valle, e contestualmente Diego, decidono di aprire il portafogli senza indugi e sparano alto anche a livello di ambizioni, puntando ai vertici del campionato con gli acquisti di Giuseppe Rossi e Mario Gomez. I due però, il primo per il solito problema di infortuni dopo una partenza incredibile, non riescono a raggiungere i livelli sperati, e il peso economico dell'investimento, per il quale però sono tornati zero risultati, scotta le ambizioni della proprietà. La situazione deflagra nel 2015: il Siviglia rifila un complessivo 5-0 alla Fiorentina in semifinale di Europa League, il pubblico del Franchi fischia sonoramente i suoi dopo la partita di ritorno. Montella perde le staffe e litiga pubblicamente con tutti, esprimendo il famoso concetto della "dimensione". La sua avventura finisce pochi giorni dopo, e con essa probabilmente anche la grinta economica passata dei Della Valle, che iniziano l'ultima, e più complicata - a livello ambientale - fase. Quella dell'autofinanziamento. Parola che l'ha fatta da protagonista nei peggiori incubi di molti tifosi viola per anni.
L'ULTIMA DISCESA, CON CODA POLEMICA - Nel 2015 ad allenare la Fiorentina arriva Paulo Sousa, che la gente della Viola ricordava più che altro come avversario sui campi da calcio con le maglie di Juventus e Inter. L'inizio del portoghese è ottimo: la squadra ingrana sin da subito, esordendo con un convincente 2-0 ai danni del Milan, e il tecnico dal canto suo sembra riuscire a far presa sulla tifoseria grazie alle sue doti camaleontiche. Arrivano successi indimenticabili, come l'1-4 in casa dell'Inter con tripletta di Kalinic, e con quelli anche la testa della classifica a fine settembre. Al Franchi si torna a sentire il coro "salutate la capolista!": è un momento magico che vede però una fase di drastica spaccatura a gennaio 2016. La squadra lotta per i piazzamenti Champions League, e l'allenatore chiede rinforzi. Questi non arrivano, o meglio lo fanno ma sotto forma di giocatori non utili alla causa: vengono presi Benalouane, Tino Costa e Kone. Sousa non ci sta, e prova a far saltare il banco presentando le sue dimissioni. Respinte. Non solo: il portoghese, abbastanza evidentemente controvoglia o quantomeno non nel clima ideale, deve onorare il proprio contratto e rimanere sulla panchina viola, convinto dal rientrante Pantaleo Corvino - come promesso, è tornato - nel ruolo di dg dell'area tecnica. Con il mandato, piuttosto evidente, di mettere a posto i conti. Sousa onora l'impegno rimanendo anche nella stagione successiva, nonostante si macchi anche di episodi controversi come quello del primo aprile in cui - quando ormai era chiaro che avrebbe lasciato - disse che aveva ricevuto la proposta di rinnovo. Una stagione che però vede la Viola non riuscire a raggiungere l'Europa dopo tanti anni in cui invece l'aveva fatto. Sousa lascia Firenze, al suo posto arriva Stefano Pioli. Il 2017/18 però sarà una stagione triste, la più dolorosa di tutte. E non si parla di sport, ma di vita. Che viene a mancare: il 4 marzo 2018 il mondo del calcio, ma non solo quello, piange la morte di Davide Astori, spento da un problema cardiaco. La squadra, fino a lì abbastanza lontana dai piazzamenti buoni forse anche per costituzione difettosa, si stringe intorno al suo allenatore, qui più nelle vesti di fratello maggiore, e mostra una reazione al lutto che rimarrà senz'altro nei ricordi, pur non riuscendo di nuovo ad arrivare in Europa. Intanto a Firenze gli animi si scaldano, e una parte sempre crescente della tifoseria comincia ad essere stanca dell'andamento e man mano fa sentire il suo disappunto nei confronti dei Della Valle, presi di mira quando si palesano allo stadio. La situazione viene gestita a suon di comunicati velenosi e piano piano il fuoco divampa. La stagione appena trascorsa, che vede la squadra arrivare a salvarsi solamente all'ultima giornata con un mortifero 0-0 interno con il Genoa in cui molti sono concordi nel ritenere che non si sia giocato a calcio, dopo un cambio di panchina da Pioli al Montella-bis avvenuto tra le polemiche, avvelena ulteriormente il clima e rende la situazione impossibile da gestire per i Della Valle. E con la società in vendita, arriva l'offerta giusta, quella di Rocco Commisso, tramite l'advisor J.P. Morgan. La Fiorentina chiude l'Era Della Valle e si prepara a vivere la sua prima epoca a stelle e strisce. Un sogno americano. Se fosse un film di Hollywood, culla di quegli ideali, adesso apparirebbe una scritta. The End. Pronti però a ricominciare subito.