G. MEMORIA, Staccione, il mediano di Mauthausen
27 gennaio, il giorno della Memoria. 76 anni fa i soldati sovietici, entrando nel campo di concentramento di Auschwitz, portavano alla luce una delle pagine più buie dell’umanità. Lo sterminio sistematico e disumano di quindici milioni di persone da parte delle SS tedesche è una ferita che non può e non deve cicatrizzarsi, ma che serve da monito per ricordare la violenza a cui può arrivare l’uomo. Non c'è modo migliore per ricordare che attraverso le vicende dei protagonisti; una di queste storie è quella di Vittorio Staccione: nell’interminabile lista delle vittime dei soprusi nazisti c’è anche lui, ex-giocatore viola spentosi a soli 41 anni nel campo di Mauthausen-Gusen, in Austria.
Staccione fino a pochi anni prima era considerato uno dei centrocampisti italiani più forti in circolazione. Formidabile interprete del ruolo di centromediano, esordisce col Torino, nella sua città natale; in granata passa 5 anni (intervallati da una parentesi alla Cremonese) . Poi, nel 1927, il passaggio alla Fiorentina, quattro stagioni ad alti livelli, quasi 100 partite disputate, la promozione da protagonista in Serie A e la soddisfazione di essere tra i primi nella storia ad indossare la maglia viola, utilizzata per la prima volta nella stagione 1929/30. Alla sua straordinaria grinta in mezzo al campo Staccione affianca l’impegno politico fuori dal terreno verde: proveniente da una famiglia di estrazione proletaria, insieme ai fratelli Eugenio (anch’egli calciatore) e Francesco partecipa a diverse manifestazioni popolari.
Sono però anni pericolosi per manifestare il proprio dissenso politico: la carriera di Staccione corre infatti parallelamente all’ascesa del fascismo in Italia e, quando il movimento di Mussolini getta la maschera e diventa a tutti gli effetti un regime dittatoriale, i due percorsi, quello professionale di Staccione e quello egemonico del fascismo, si scontrano: il fascismo entra prepotentemente in ogni angolo della vita degli italiani e anche in quella degli sportivi, chi non è allineato al regime viene allontanato dalle competizioni. E così, dopo un trasferimento forzato a Caserta, Staccione è costretto appendere le scarpette al chiodo a soli 31 anni. Non mette da parte però l’impegno politico e continua come può ad opporsi al regime. Con lo scoppio della II Guerra Mondiale e il seguente ingresso dell’Italia nel conflitto sia Vittorio che il fratello Francesco vengono considerati nemici del regime e ripetutamente arrestati e malmenati.
Le violenze fisiche non fanno desistere i due, che continuano a partecipare a diverse manifestazioni di dissenso fino al marzo 1944, quando vengono entrambi arrestati. Vittorio e Francesco vengono deportati a Mathausen con il convoglio ferroviario n.34. Lì Vittorio Staccione passerà l’ultimo anno della sua vita e, insieme ad altri protagonisti del calcio italiano come Ferdinando Valletti e Carlo Castellani, parteciperà ad alcune partite organizzate dalle SS nel campo di concentramento. L’ultima immagine che abbiamo di Vittorio è quella che apre il libro di Francesco Veltri ispirato alla sua storia, “il mediano di Mauthausen”: Vittorio Staccione, ridotto pelle e ossa, che corre dietro un pallone sul campo di Mauthausen, un’istantanea da consegnare alla storia, in cui all’interno cozzano la natura ludica del gioco del calcio e la brutalità dei campi di concentramento. Morirà il 16 marzo 1945 a seguito di un pestaggio di alcune guardie; pochi giorni dopo anche suo fratello Francesco farà la stessa fine. Quella di Staccione è solo una delle tante vicende che legano a doppio filo calcio e Olocausto; la sua storia è ricordata, oltre che nel libro di Veltri, anche con la presenza nella “Hall of Fame Viola”, in cui dal 2012 compare anche il nome di un mediano che si è battuto con pari coraggio sia dentro che fuori dal campo.