EDMUNDO, I 50 anni di O Animal che scappò a Rio
La storia, anche quella dei club di calcio, non gradisce i se ed i ma. Certo è che l’esercizio di pensare a "cosa sarebbe successo se…" è un abitudine di molti tifosi, soprattutto quelli di una squadra, come la Fiorentina, che da tanti anni è costretta a rifugiarsi in ricordi e rimpianti. Si dia il caso che oggi, 2 aprile 2021, compia 50 anni l’impersonificazione di uno dei più grandi “what if” della storia viola, Edmundo Alves de Souza Neto, meglio noto come Edmundo.
Quello che arriva a Firenze nel gennaio 1998 è un ragazzo che ha solo 27 anni ma che ha già vissuto 3 o 4 vite; esploso nel Vasco da Gama (squadra in cui tornerà altre 2 volte) Edmundo alterna picchi di gran classe in campo a sbandate coi compagni e fuori dal campo, tra tutti un incidente in macchina che provoca 4 morti e di cui anni dopo viene giudicato colpevole; il suo comportamento gli impedisce di prendere parte alla spedizione verdeoro che vincerà il mondiale nel ‘94, gli anni successivi sembra riprendersi e conquista anche il premio come miglior giocatore del campionato brasiliano e la Copa America '97 con la Seleção. Nella finale con la Bolivia c’è tutto Edmundo, genio (rete splendida del vantaggio) e follia (pugno ad un difensore avversario non visto dall’arbitro).
Edmundo arriva in Europa, alla Fiorentina, grazie ad un’operazione di mercato di Cecchi Gori da 13 miliardi di lire. La sua fama ed il suo soprannome, O’Animal, lo precedono e nei 18 mesi passati a Firenze l’attaccante carioca condensa tutte le contraddizioni dovute al rapporto conflittuale tra un talento cristallino ed una testa che spesso fa il contrario di quello che vorrebbero i piedi. Se chiedete però a diversi tifosi viola un ricordo di Edmundo la risposta sarà pressoché identica; perché oltre alle litigate con Malesani e Trapattoni, alla rissa in allenamento con un giocatore della Primavera, al conflittuale rapporto con le altre stelle (Rui Costa e Batistuta su tutti), Edmundo a Firenze è ricordato soprattutto per quella “fatal “ fuga del febbraio ’99. Lo scenario vede una Fiorentina, quella allenata da Trapattoni, lanciata al primo posto dopo un’incredibile girone d’andata; a sconvolgere i piani scudetto dei viola arriva però l’infortunio del bomber-principe, Batistuta (17 gol in 17 partite fino ad allora), che nel match contro il Milan rimedia una distorsione al ginocchio sinistro. Il Trap, che fino a quel momento era riuscito a far convivere sia Bati che Oilveira ed Edmundo (supportati da Rui Costa), si trova senza la sua punta di diamante nel clou della stagione.
Il sostituto naturale sarebbe proprio O’Animal, se non fosse che il brasiliano sia già con le valigie in mano diretto al Carnevale di Rio. Già perché una clausola del suo contratto prevedeva la possibilità per Edmundo di tornare in Brasile durante il Carnevale. I dubbi e le speranze per un ripensamento dell’ultimo minuto vengono spazzati via dalle immagini di Edmundo in partenza dall’aeroporto di Peretola. L’attaccante risponde sbrigativo ai cronisti: “Vado a Rio e non so se torno. Nessuno mi ha chiesto di restare e se me lo avessero chiesto sarei partito lo stesso”. L’aereo che porta Edmundo dall’altra parte dell’Oceano spazza via anche le speranze di titolo dei viola e, mentre la sua squadra dissipa il vantaggio sulle inseguitrici nelle gare successive, Edmundo si fa ritrarre festante per le strade di Rio, alimentando l’astio dei suoi tifosi. I viola, dall’infortunio di Batistuta in poi, viaggeranno alla media di un punto a partita, chiudendo terzi in classifica. Edmundo rientra a Firenze dopo 15 giorni, ma ormai la spaccatura è insanabile. Poco importa se, di fatto, il brasiliano salterà solo la partita di Udine (anche se la sconfitta 1-0 dei viola al Friuli sancisce di fatto l'addio alle velleità scudetto), i tifosi non gli perdonano l'assenza nel momento del bisogno. Lascia i viola al termine della stagione, dopo aver collezionato in complessivo 16 gol in 48 partite (in cui rimedia comunque 12 ammonizioni e 2 espulsioni), qualche gioia e molti dolori ad una tifoseria che ancora oggi stenta a perdonarlo.
Difficile giustificarlo per i tifosi viola, che hanno visto in quella fuga improvvisa per il Brasile il capro espiatorio del fallimento di quell’annata; altrettanto difficile comprendere un personaggio come Edmundo. D’altronde, mai come stavolta, “(sopran)nomen omen”: O’animal non è mai riuscito nell’arco della sua carriera a piegare il suo istinto al servizio dei compagni, rappresentando perfettamente l’emblema di genio e sregolatezza, talento impossibile da far coesistere in uno sport collettivo che vive di delicati equilibri di squadra. Edmundo possedeva infatti un talento grezzo, capace di accendersi ad intermittenza, accostando fasci di luce squarciante, come la rete che segnò ad Empoli nel gennaio '99, una perla d'autore che fece il giro del mondo, a momenti di buio assoluto, come la già citata partenza per Rio di poche settimane dopo. Più che un calciatore, un punto di domanda in mezzo al campo, totalmente impronosticabile ed inaffidabile. “In un momento può rovinare tutto” diceva di lui Mario Zagallo, suo allenatore nel Brasile. Difficile anche solo provare a decifrare un personaggio del genere, anche perché la carriera e la vita di Edmundo hanno rappresentato un unicum: mai come questa volta mettersi nei panni di un ragazzo cresciuto in una favela e che, in contemporanea alla sua ascesa nel mondo del calcio, si è visto portare via genitori, un fratello (ucciso in una sparatoria) e la maggior parte degli affetti vicini è esercizio impossibile per i più.
A distanza di quasi 20 anni, nel 2015, Edmundo è tornato a parlare della sua fuga di carnevale, scusandosi coi tifosi viola: "Mi pento di tutto ciò che ho fatto e di essermene andato troppo presto dall'Italia, ma fu una decisione del momento". Come a dire, all’istinto non si comanda, soprattutto se sei O’Animal.