BURDISSO, A 360°: "Boca, ACF e la vita da dirigente"

30.10.2021 11:15 di  Redazione FV  Twitter:    vedi letture
BURDISSO, A 360°: "Boca, ACF e la vita da dirigente"
© foto di giacomo galassi

Lunga intervista di Nicolas Burdisso al media argentino Tyc Sports, nella quale il direttore sportivo della Fiorentina si è raccontato a 360 gradi. "Al Boca ho conosciuto grandi giocatori, sentivo mio quello spogliatoio perché c'era tanta personalità e tanto spirito di gruppo. Carlos (Tevez, ndr) me lo diceva sempre: "Non è normale quello che hai fatto tu in carriera. 22 anni in cui hai vinto tanto". Ed era vero: quando ti fermi ti rendi conto della grandezza di tutto ciò che hai fatto. Ci sono giocatori che si sentono supereroi, ma lo fanno per proteggersi per giocare. Poi ci sono quelli come me che si mettono sempre  in discussione, che si può dare sempre meglio. Ma è la competenza che fa la differenza".

Il nuovo ruolo? "Oggi sono nel mondo del calcio in un'altra ottica, non più in campo ma nella dirigenza. Ma le partite sono uno stato d'animo. Sono nella fase più di quantità che di qualità, guardo tanto e cerco di analizzare il calcio. Nel mio ruolo ti chiamano perché tu dia risposte: che tu fornisca profili di allenatori e di giocatori. E io devo essere preparato".

Il rapporto con i media? "La comunicazione del calcio non mi piaceva. Quando avevo 16-17 per me il riferimento era Samuel o Anibal, li copiavo in tutto e per loro parlare alla stampa era "vendere fumo". Ma quando sono arrivato in prima squadra ho capito che avevo il diritto e il dovere di parlare con la stampa, da quel momento mi sono aperto molto di più". Il calcio evolve ogni giorno, penso soprattutto alla comunicazione. Ci sono giocatori che si caricano con le critiche, altri che invece le soffrono e allora non le devono sentire".

Le critiche? "Mi ricordo ancora la mia prima volta. Perdemmo 1-0 e avevo giocato sette partite in prima squadra. Lì ho capito che dovevo essere un professionista, non più un tifoso. Non l'ho mai detto, ora mi ci sono abituato". 

La sua esperienza da dirigente. "Per me era importante essere al Boca nel momento più difficile. Mi avevano offerto quel lavoro più volte, ma ho detto sì solo dopo la sconfitta in finale con il River Plate. Perché sapevo che potevamo ricostruire: non si tratta di vincere o perdere, ma di vincere o imparare. La cosa più importante resta sempre il club, e scegliere l'allenatore è fondamentale perché si incarica di portare avanti il progetto tecnico. I dirigenti sono quelli che stabiliscono un obiettivo".