L'IMPORTANZA DI CHIAMARSI FACUNDO

18.09.2012 00:00 di  Silvia Nanni   vedi letture
L'IMPORTANZA DI CHIAMARSI FACUNDO

Roncaglia è uno dei nuovi arrivati in questa Fiorentina, eppure, in un battito di ciglia, è riuscito a fare breccia nel cuore dei tifosi.
E’ bastato vederlo all’opera in una manciata di occasioni, perché il popolo viola gli tributasse consensi, applausi e l’onore di fan club e pagine sui social network. Firenze, notoriamente piazza dal palato fino, sembra aver scelto il roccioso difensore argentino come proprio beniamino. Sarà per la fisicità, sarà per il temperamento, o per quel nome singolare dal suono duro e perentorio, proprio come i suoi interventi sul terreno di gioco. Il campo di calcio è un grande palcoscenico, dove gli applausi li strappano tanto il sublime solista, quanto il ruvido guerriero. Talvolta, tra il magico e il prosaico, si sceglie quest’ultimo e la grinta finisce per relegare i piedi di velluto in seconda fila. Ce lo racconta la storia: Alessio Tendi, Carlos Dunga, Beppe Iachini, Stefan Schwarz…. Non sempre i più amati son stati anche i più dotati di classe cristallina. Il tifoso sugli spalti, spesso, scalpita.

Se gli fosse concesso si getterebbe in campo per mettere cuore, polmoni e anima a servizio della maglia. Condannato, invece, a rimanere spettatore ha voglia di identificarsi, di sentirsi rappresentato, nella grinta e nella determinazione, da chi sul campo ha il privilegio di andarci per davvero. E, allora, chi meglio di un gladiatore che, da sempre, è emblema di forza e combattività?
Nei ludi circensi il popolo romano andava in visibilio per uomini muscolosi e agguerriti che davano spettacolo nell’arena, mostrando zero pietà per l’avversario. Passano i secoli, ma non passa il sottile gusto per il combattimento, per lo scontro duro ma leale, per il coraggio di chi non si tira mai indietro. Al tifoso poco importa se Roncaglia potrebbe, in certe occasioni, essere punito per eccesso di irruenza: fa parte del pacchetto. Il cartellino giallo a certi giocatori si perdona, perché assurge a pubblica manifestazione di quanto si sente la gara, di quanta foga si è disposti a buttare in campo. Il carattere è come il talento: non si possono insegnare ed entrambi, come tutti i doni piovuti dal cielo, esercitano un irresistibile appeal. Ecco, perché Facundo ha tutte le carte in regola per diventare l’idolo del Franchi. Con l’auspicio che gli eventuali cartellini rimangano solo medaglie al valore e si non trasformino in un pesante prezzo da pagare.