UN SALUTO DIVERSO
Poco c'era da chiedere a quest'ultima giornata di campionato. E, poco, ha fatto la Fiorentina in quel di Brescia al cospetto di una formazione già retrocessa, come quella di Iachini. Un lampo iniziale di Vargas, qualche altra iniziativa del peruviano, poi il vuoto. Nella ripresa, un pizzico di brio in più l'ha regalato Ljajic, bravo anche a indovinare l'imbucata giusta per Cerci, giunto al settimo gol in campionato, ottavo stagionale se si conta la Coppa Italia. Quasi a dire che, fosse cominciato prima il riseveglio dell'ex giallorosso, la leadership di Gilardino, nei cannonieri viola di stagione, sarebbe potuta persino essere a rischio.
Ma, ancora una volta, c'è qualcosa che non quadra del tutto nell'ultima domenica gigliata dell'anno. Perchè al di là del pareggio, l'ennesimo nella gestione Mihajlovic che ne ha inanellati ben quindici in tutto il campionato, quel che resta in bocca è anche l'amaro per alcune prestazioni che definire "svogliate" sarebbe quasi un eufemismo. I quarantacinque minuti di Mutu, in tal senso, sono tanto esemplificativi quanto soporiferi per tutti coloro che hanno sostenuto gli ultimi 90 minuti di un'annata tutt'altro che entusiasmante.
E, nel mezzo, anche del campo, il capitano. Quel Montolivo il cui nome, ormai, viene quotidianemente pronunciato in attesa che lo stesso protagonista faccia intendere con chiarezza che futuro vuole. Una prova, quella di Brescia, che a tratti deve aver fatto alzare persino la voce ai tifosi viola. Perchè non si può trotterellare per 90 minuti senza uno straccio d'idee, o la minima voglia d'inventare qualcosa, restando in tema con l'ultima uscita contro il Bologna. Soprattutto quando si spinge la piazza oltre la resistenza e oltre la pazienza per un rinnovo del quale si parla da un anno, ma sul quale non pare esserci nessuna firma all'orizzonte.
Delusione, questo il sentimento principale nel rivedere le ultime gare di Montolivo. Un capitano che nell'ultimo anno era riuscito persino ad impressionare per attaccamento alla maglia e spirito di sacrficio. Spostato da una zona del campo all'altra, e costretto a giocare a lungo con le infiltrazioni nella caviglia. Poi, però, come detto, la vicenda del contratto sembra aver steso su Montolivo un velo di nebbia, di grigiore. E se, come pare, l'addio era inevitabile, il saluto sarebbe potuto, e avrebbe dovuto essere, decisamente diverso.