NESSUN DOLORE
…..cantava Lucio Battisti: parole che dipingono perfettamente lo stato d’animo della città.
Firenze aspetta, annoiata e indifferente, di sapere chi resta e chi parte.
Non c’è isteria, non c’è ansia o impazienza in questa sua attesa, perché si sente, beatamente, immune.
Non teme di arrovellarsi il fegato e di gridare al tradimento.
Anche le possibili destinazioni di chi le volterà le spalle sono, ormai, dettagli ininfluenti, perché lei ha già deciso di rimanere impassibile, a prescindere.
Nel suo cuore, chiuso a chiave, non c’è posto per il rimpianto, per la nostalgia, per la delusione.
Non batte ciglio davanti a chi ha deciso di far la valigia e a chi, seppur nella propria testa, ce l’ha pronta da un anno.
E’ una Firenze gelida e lucida che non chiede più miracoli o passi indietro, ma congrui corrispettivi. Tutto è monetizzabile, tutto è in vendita….tranne il cuore.
Questo è il calcio degli ultimi anni: un calcio che brucia tutto rapidamente, lasciando in eredità un pugno di cenere.
Non è più il tempo degli eroi, delle ardenti passioni, dei simboli e delle bandiere.
Tutto è semplicemente e maledettamente funzionale.
La maglia viola è l’unico legame che, oggi, unisce il tifoso al giocatore che, ormai, sono solo passeggeri distratti che percorrono insieme una tratta del loro viaggio, consapevoli che il capolinea non sarà per tutti lo stesso.
Firenze è cresciuta o, forse, è diventata solo un po’ più cinica.
Le ferite dell’anima non si vedono, ma sono cicatrici indelebili che si fanno sentire quando cambia il tempo.
Sono il ricordo di altre storie, di altri tempi, di passioni vissute e consumate in maniera totalizzante e, spesso, devastante.
Da tempo si è scelto di soffrire di meno, perché la consapevolezza anestetizza.
Se il calciatore è un professionista che va dove lo porta l’ambizione e il miglior ingaggio, il tifoso è diventato la sua immagine speculare.
Le ragioni del cuore non sono più la bussola che indica la strada da seguire.
La fede calcistica vive del solo colore Viola. Nomi e volti sfilano in secondo piano, come temporanei protagonisti di una storia che non è la loro, perché appartiene solo alla città.
I calciatori sono strumenti, sono attori pagati per recitare un copione e quando cambiano palcoscenico, nessuno lascia più un vuoto incolmabile, perché the show must go on….e lo spettacolo è solo la Fiorentina.
L’indifferenza è la sola moneta che questa città è disposta a spendere, perché le casse son vuote da tempo.
Firenze non si innamora più di qualcosa che non sia la maglia e questo atteggiamento rappresenta una sorta di armatura, che protegge e rende duri come l’acciaio.
Tutto finisce, senza drammi e senza dover raccogliere gli appuntiti cocci dei sogni infranti.
Il calcio di oggi è questo e il tifoso ha imparato, a sue spese, a maneggiarlo.
Tutto è più pragmatico, logico e freddo.
Siamo tutti più maturi ma, soprattutto, siamo vaccinati al disincanto che, ormai, suscita un calcio che ha rinunciato, per sempre, ad avere in sé qualcosa di romantico.