MONDIALI, Sinfonia viola in Sudafrica
Riempie il cuore d'orgoglio vederli laggiù. Carichi, motivati, forse emozionati, dipinti d'azzurro. Riccardo Montolivo ed Alberto Gilardino. Cuori viola alla conquista del Sudafrica, stelle e simboli di una realtà troppo spesso bistrattata, icone di una Fiorentina b-side del calcio italiano ma che al Mondiale vuole recitare un ruolo da protagonista. Lippi, uno avvezzo alla politica d'Ital-Juve, ha puntato da tempo i suoi occhi esperti sulle rive dell'Arno. Su Montolivo e Gilardino, già. Due che a Firenze hanno vissuto storie diverse ma parallele.
L'uno è stato criticato, ha avuto bisogno di tempo e spazi prima di sbocciare e consacrarsi. Novello Antognoni prima, erede di Gerrard poi. Montolivo, semplicemente. Centrocampista dal piede delizioso, dalla visione di gioco globale, dai tempi e dai ritmi della bella Olanda che fu. Non c'è Pirlo, non c'è il totem, l'Italia punta sul talento e sull'amuleto del domani.
L'altro è arrivato in viola dopo mesi e mesi di gol e di nasi storti a Milano. Troppo poco personaggio, poche copertine, pochi voli pindarici sulle ali di parole sempre tranquille e mai fuori dalle righe. Persona e ragazzo semplice, Gilardino, rapace d'area con un violino pronto a suonare ancora.
L'orchestra viola si trasferisce in Sudafrica, pronta a conquistarlo con una splendida sinfonia. Con un direttore nuovo. Niente Pirlo, c'è Montolivo a dare il là alle azioni con De Rossi in mediana. C'è Gilardino, sugli assoli finali, in quella magica o stregata area di rigore finale. Buona fortuna, allora. Sudore, fatica, passione e talento, talvolta pagano davvero. Anche quando gli occhi d'Italia non sono puntati su di te, anche quando sei provincia del pallone del Belpaese.