CAGNI, Quello di Cesare solo uno sfogo
DEVE ESSERE l’aria del basso bresciano. Quella che soffia tra casolari e pianure che si distendono oltre l’orizzonte, fitte nebbie invernali, vie e vicoli dei borghi lombardi. Deve essere quell’aria a renderli così: sinceri, schietti, senza peli sulla lingua. Genuini. Cesare Prandelli e Luigi Cagni. Uomini della stessa terra, trentacinque chilometri e poco più a dividere le loro finestre, un sottile filo che ne lega vite, pensieri e sensazioni. «La situazione di Cesare la capisco, avendola vissuta personalmente. In Italia il destino degli allenatori è legato sin troppo agli episodi, non c’è la cultura della sconfitta».
Il pensiero corre veloce. Ajax-Fiorentina, “un rimpallo”, Prandelli dixit, condanna i viola.
«E quello arrivato dopo due giorni è lo sfogo di un momento. Cose che, analizzando la situazione, Cesare covava dentro, sentiva il bisogno di dire. Attacchi ad una critica feroce, che un allenatore non capisce: quando dice certe cose vuol dire che non è sereno, soprattutto quando i risultati dovrebbero arrivare ma non lo fanno. Per episodi. Che, in Italia, non vengono accettati».
Molti accusano il tecnico viola di essere eccessivamente permaloso.
“E chi non lo è, in certe situazioni? Personalmente, quando ho attraversato un periodo negativo in carriera, mi sono sempre arrabbiato contro le critiche eccessive e non obiettive. Perché sono solo la zappa sui piedi, la spinta giù nel burrone, non la scintilla che aiuta la squadra, il gruppo e l’allenatore a rialzarsi subito e ripartire. Certo, criticare è lecito…».
Appunto.
«Bisogna distinguere, però, tra critiche costruttive e no. L’errore è perseverare nel puntare il dito, da lì inizia la parabola discendente dalla quale non ci si rialza. E nasce un pensiero legittimo e comprensibile nella testa del tecnico, ovvero dire “arrangiatevi e fate da soli”. L’errore è nella mentalità e nella visione del calcio che c’è in Italia».
Crede a Prandelli quando dice che rivaluterà il progetto a fine stagione?
«E’ una cosa istintiva, in certe occasioni si dice. La correttezza, poi, fa parte del suo modo di essere, certe dichiarazioni, ripeto, credo siano vecchie ruggini e pensieri esplosi in un periodo di attacchi continui. Non è un calcolatore, non c’è un’altra squadra o l’idea di andare altrove. L’alternativa, ne sono certo, è un anno di stop».
La società, intanto, si è affidata ad uno scarno comunicato sul sito ufficiale: nessuna dichiarazione, nessuna presa di posizione da parte della Fiorentina.
«A volte si usa la politica del “meno parlo e meglio è”, in modo che qualcuno continui a far polemica da solo. Poi, per quanto ne so, il rapporto tra Cesare e la società è sempre stato cordiale».