SOUSA, Il ritratto privato del neo-tecnico viola
Viseu, cuore del Portogallo. Soldi? Quelli giusti per vivere bene, senza lussi ma nemmeno grandi affanni: normale se papà Delfim è sempre stato meccanico e mamma Maria si occupa di taglia e cuci da una vita, sarta doc. E Paulo? Problemi non ne ha mai dati, coscienzioso e davvero studioso: la matematica una passione. E poi che ragazzo sportivo, nel tempo libero non si fermava un secondo: basket, atletica leggera, corse sulla media e lunga distanza. Lui amava tantissimo la pallavolo, ma non è mai riuscito a praticarla a buoni livelli, come piaceva a lui. Ambizioso sempre.
Il sogno? Amava lo studio: dategli una classe di ragazzi e piazzatelo come maestro d’elementare; sarebbe stato l’uomo più felice del Portogallo, i suoi parenti possono confermarlo. E invece? Via i libri, ecco che arriva una palla. Benfica, e poi Sporting, la squadra per cui faceva il tifo. Paulo Sousa vince e stravince, e si conquista il biglietto per l’Italia. Lui, uno dei primissimi acquisti dell’era Moggi, Lippi in panchina. E con un mastino tutto cuore e tattica come Conte. "Un allenatore in campo” sussurrava già qualcuno, con Carlos Queiroz e Sven Góran Eriksson i suoi grandi maestri, che lui non smette mai di ringraziare. Idee di calcio simili e mentalità vincente: il suo Basilea (spesso 4-4-2) ha stravinto un campionato al primo colpo.