PAZZINI, Il ragazzo si farà valere...
È di nuovo un precario, Giampaolo Pazzini. Panchinaro, secondo, ancora in prova: quando gli toglieranno l'ossessione di non essere degno? Non sorride. Non può. Gli hanno messo uno davanti un'altra volta: Gilardino è stato il Pazzini del Milan, l'anno scorso: criticato perché non decisivo, messo in discussione perché non segnava abbastanza. Nessuno ama quelli che giocano per gli altri: non si vedono e non godono. Storia di un destino parallelo che s'incontra. Giampaolo e Alberto, due che si guardano e si scoprono troppo simili. Pazzini non può essere felice: si trova uno identico a lui, alto quanto lui, piazzato quanto lui, ma più esperto di lui, con più voglia di risorgere di lui, più abituato alle pressioni di lui. Gli dicono che fa parte del progetto: non ci crede. Sa contare: gli faranno fare la Coppa Italia da titolare e la prima scelta della panchina in campionato e Champions. Sai che bellezza. Il talento si massacra così, con una scelta che fa il bene di qualcuno e mortifica qualcun altro. Prima il problema era Toni: Pazzini oscurato da Luca, dai suoi gol, dalla sua esultanza. Ovvio che il confronto non poteva reggere, però chi lo mette il lavoro sporco di Giampaolo? Salta, prende le botte, tira, accompagna, si trascina due avversari, fa spazio. Centravanti. È un'idea, una fissazione, una missione. Quelli come Giampaolo servono perché cambiano una squadra anche quando sbagliano. Il gol è molto, non tutto. Impopolare, ma vero; difficile da accettare, ma fondamentale. Giampaolo deve giocare, per se stesso e per il pallone italiano: è l'evoluzione della specie, la prosecuzione di un cammino. E' un campione, si vede, si sa. Mette ancora l'indice e il medio sotto gli occhi quando fa gol. Significa: "Vedi che cosa ho fatto"? Se non lo vede Firenze lo può vedere qualcun altro.