MUSEO FIORENTINA, Piacere Merlo... Campione d'Italia
A Molezzano di Vicchio non c'è campo. No, che avete capito, la zona è meravigliosa, immersa nel verde, piena (per l'appunto) di campi... da coltivare. L'appuntamento era per le 16 e 30, in un tranquillo giovedì di luglio. Il numero civico però no, quello non lo ricordavo. E qui il cellulare proprio non ne vuol sapere. Allora fermo un signore in bicicletta e chiedo: "Scusi, sa dov'è la casa di Claudio Merlo?" "Certo - risponde - e chi non lo sa? Deve tornare indietro, è la prima sulla sinistra. Anzi, me lo saluti quando lo vede". Arriviamo a casa Merlo, esperiamo la richiesta del signore e Claudio commenta: "Si, qui mi conoscono tutti. Che vuoi, a Molezzano siamo poche anime ed il nome Merlo qualcosa vuole ancora dire. Già se vai a Vicchio mi conoscono di meno". E' stata una scelta precisa quella di ritirarsi a vita privata? Indaghiamo un po'... "Questa è la casa dov'è cresciuta mia moglie, ci siamo trasferiti nel 2002. Io qui sto bene, e nonostante una buona carriera da calciatore sono sempre stato tranquillo, sereno.Non me la sono mai tirata... io".
Proprio qui volevamo arrivare nell'iniziare il racconto. L'impressione che fornisce Claudio Merlo è di una persona tranquilla, riservata, quasi fosse stato lui a dire alla Vodafone di... "non prendere". Eppure c'è un velo di preoccupazione sul volto. "Dopo quello che ho avuto non mi sono ancora ripreso - racconta Claudio. Non che stia male, per carità, ma ho meno voglia di un tempo nel fare le cose. Mi hanno detto che passerà, speriamo... E meno male che c'è mia moglie, i miei figli, mio nipote". La moglie Marta annuisce ed aggiunge: "Lui sta bene solo con i bambini. Nella sua scuola calcio di Fiumalbo non sente la fatica, non sente il peso di ciò che ha avuto. Solo che ora i "campus" sono finiti, ed allora..." Piccolo flashback: sei mesi fa Claudio Merlo fu colpito da meningite batterica, un virus che (per poco) non lo ha messo fuori gioco. Ora, diciamo così, è convalescente, ma non per questo è meno gentile, meno disponibile. Il nostro obiettivo, l'avrete capito, è raccontare l'emozione di trovarsi di fronte un campione. Nella fattispecie un campione d'Italia, che con la maglia viola addosso è specie rara. Pensate un po’, io che sono nato con Superchi, Galdiolo, Roggi, Pellegrini, Della Martira, Beatrice, Caso, Merlo, Casarsa, Antognoni, Speggiorin. A turno entravano Guerini e Desolati. È la mia prima Fiorentina, è la Fiorentina di tanti 45enni che hanno sofferto e gioito per i colori viola. È quella che vinse la Coppa Italia 1975: finalissima a Roma, risultato 3-2 sul Milan e proprio Claudio Merlo che, da Capitano, alza la Coppa. Oggi ce l'ho di fronte e gli posso raccontare di quando il mio professore di latino (tra una versione e l'altra) mi diceva: "La più bella Fiorentina che ho mai visto? Quella di Radice, stagione '73-'74. Ricordo Merlo... Mamma mia, faceva paura da quant'era bravo". Oppure gli posso dire di quando mio padre raccontava quello splendido scudetto, e mi diceva: "Tutti dicono di De Sisti, Amarildo, Chiarugi... E poi Maraschi perché faceva i gol. Ma tutti questi, senza Merlo, non sarebbero stati niente. Merlo correva più di tutti e faceva assist meravigliosi. Lo chiamavano il 'secco'. Ecco, sai dove sarebbe arrivato se aveva un po’ più di fisico?" Lo chiediamo a lui, già che ce l'abbiamo davanti: "Beh, un po’ più di muscoli non avrebbero guastato - ammette. Però grazie ad un fisico leggero, scattante, rapido, riuscivo ad anticipare i difensori avversari, a guadagnare quel millesimo di secondo necessario per arrivare prima di loro. No, non mi lamento. Certo, per le doti che avevo potevo fare una carriera migliore. Ma io sono contento così, i tifosi mi ricordano ancora, mi vogliono bene. Hai visto quel signore lì fuori? Lui si ricordava, lui sapeva chi era Claudio Merlo. E allora vuol dire che qualcosa di buono ho seminato". Claudio Merlo sta tutto qui, in queste poche parole. Noi però l'emozione di averlo incontrato ce la teniamo stretta, anche se a Molezzano di Vicchio il cellulare continua a non prendere.