Marcello Lippi: "Altro che bomber, comprerei soldati"

04.02.2007 12:22 di  Leonardo Menicucci   vedi letture
Fonte: La Stampa
Lippi, cosa ha provato? «Di tutto. Una grande amarezza, un grande disorientamento, una grandissima rabbia». Perché rabbia? «Perché non esiste che il nostro calcio venga associato a simili tragedie. Sabato scorso, Licursi. Venerdì sera, Raciti. Un dirigente. Un servitore dello Stato. Perché la polizia sa perfettamente chi sono i signori che fomentano, sprangano e lanciano le bombe-carta. Perché nel 1995, dopo la morte di Spagnolo, ci fermammo, ci confrontammo, giurammo che nulla sarebbe stato come prima. Bla bla bla. E invece rieccoci qui, al punto di partenza». Pancalli ha bloccato il calcio. «È una reazione umana, emotiva, non una misura. Far finta di niente era impossibile. Far finta che possa bastare sarebbe un errore. Guai a illudersi». Ulivieri ha parlato di leggi speciali. «Le leggi, a essere sinceri, ci sarebbero già». Trasferte proibite ai tifosi: favorevole? «Con l'emergenza alla gola, si può molto. Immagino che le autorità competenti valuteranno anche questa ipotesi. Certo, mi piange il cuore». Idee? «Una sì, ce l'ho. Me l'ha suggerita involontariamente il ministro Amato con il suo slogan: "Mai più poliziotti negli stadi". Fossi un presidente di società, mi rivolgerei ai tifosi in questi termini: amici, ho cinque milioni di euro da spendere, ma invece di comprarvi un attaccante, preferisco "comprare" la vostra incolumità». In che senso? «Nel senso che con quei soldi mi pagherei un servizio d'ordine in grado di assicurare la normalità delle partite. Ci rimetterei in classifica, ma ci guadagnerei sul piano della sicurezza. Un baratto più che accettabile». L'Uefa ha espulso il Feyenoord per gli atti vandalici dei suoi ultras. «Un segnale forte. Ce ne sarebbe bisogno pure in Italia. Per rimanere in tema, non dimentichiamo il giro di vite all'indomani dell'Heysel. Fuori tutte le squadre inglesi per cinque anni. Tutte. Non solo il Liverpool, i cui hooligans si resero protagonisti della mattanza. E se non ricordo male, la Thatcher si guardò bene dall'opporsi. Anzi» Colpa della società o delle società? «Nessun dubbio che la nostra società sia permeata da un'aggressività naturale che mette paura. Il caso di venerdì fa storia a sé. Prenda il Catania: promosso in A dopo una vita, campionato da zona Champions. Se il suo popolo non è felice in simili condizioni, quando mai lo sarà?». Imboscata agli agenti: è la tesi della Procura. «In effetti mi chiedevo: cosa potrà mai avere in comune con il calcio una guerriglia così violenta all'esterno di uno stadio? Per la verità, non ho capito neppure l'ingresso ritardato dei tifosi palermitani. La realtà è che, ormai, non mi meraviglio più di nulla». È demagogico sostenere che non sappiamo perdere? «Tutt'altro». E allora, secondo lei, ci può essere un nesso fra il risultato e gli incidenti? «Non lo escludo. Quando sospesero Inter-Milan di Champions per i razzi a Dida, l'arbitro aveva appena annullato un gol a Cambiasso. Venerdì, il Catania stava perdendo. Nella ricerca, drastica e ostinata, di un pretesto il risultato può fungere da scintilla. Ciò premesso, l'inferno del Cibali non ha giustificazioni plausibili. Nasce dalla miscela esplosiva di un Paese volgare e di gente a piede libero che, viceversa, avrebbe dovuto stare in carcere da un pezzo». Un tasto molto gettonato è l'incultura sportiva. «Senza ergermi a giudice supremo, mi lasci dire che tutte le componenti - e sottolineo tutte: la mia, la sua, quella dei dirigenti, eccetera - dovrebbero darsi una bella regolata. Sento e leggo di quei commenti che, letteralmente, aizzano». Rimedi? «Le multe non bastano più. Ove venga accertata la responsabilità oggettiva del club, bisogna toccare anche, e soprattutto, le classifiche». Quando si tornerà in campo? «Non lo so. Forse sin da domenica prossima. Boh. Lo stop, ripeto, ha una valenza esclusivamente morale. E attenzione a non generalizzare. Penso al calcio giovanile: paga il prezzo più salato». Riusciremo mai a venirne fuori? «Servono fatti, non parole. Mentre scorrevano le immagini di Catania-Palermo, riandavo con la memoria ai Mondiali, agli stadi tedeschi pieni zeppi di famiglie, una festa senza frontiere e senza barriere. Eppure, in quei giorni, gli interessi in ballo - fra sponsor, prestigio, nazionalismo e titolo - erano decisamente più grossi di quelli che poteva offrire il derby siciliano». Europei 2012: meglio insistere o meglio ritirarsi? «Lo stabilirà chi di dovere. Mi limito a osservare che la priorità non può essere lo stadio comodo. Deve essere lo stadio sicuro. Non scherziamo. Prevenzione e repressione. Come gli inglesi. Che sbattono in galera il primo che butta una cicca in campo».