JUVENTUS, Parla il padre del tifoso "incastrato" dal pubblico
"Mio figlio non è un teppista". Parla Alessandro Ravasio, padre di Nicola, il tifoso della Juve che ieri è stato fatto arrestare dagli altri tifosi presenti in tribuna all'Olimpico di Torino dopo aver lanciato un petardo in campo al 34' del primo tempo di Juventus-Udinese. Il ragazzo, 27 anni, di Bagnatica, un paese in provincia di Bergamo, ha trascorso la notte in carcere a Torino ma soprattutto è diventato suo malgrado il simbolo della "rivoltà dei tifosi per bene" contro gli ultrà. "Ma Nicola non è un ultrà", è la difesa del padre. "Sta pagando per tutti, ma non ritengo che abbia fatto qualcosa di esagerato". Con il figlio non ha ancora parlato ("non l'ho sentito, ho sentito i suoi amici che erano con lui"), ma il signor Ravasio di una cosa è certo: "Non è un teppista, è un tifoso juventino, che va allo stadio ogni due o tre anni. Un tifoso come tanti, che lavora normalmente. Per questa partita ha cercato i biglietti di curva, non li ha trovati ed allora con alcuni amici è andato in tribuna".
Nicola però l'ha lanciato in un punto in cui non c'era gente, non voleva ferire nessuno. Però rispetto all'ultima volta che era stato allo stadio le norme sono cambiate". Si è parlato di steward feriti... "Per quello che so io non è vero, sono stati solo spaventati dal botto". E si è parlato di qualche birra di troppo. "No, Nicola non era nè ubriaco nè drogato". Poi il contrattacco finale: "Quello di mio figlio è un gesto da non fare, ma ho visto di peggio. E comunque più violento di lui è stato chi gli ha dato lo schiaffo. Quello è un tifoso violento".