I misteri del decreto

Un interessante e curioso pezzo è uscito questa mattina su Repubblica.
09.02.2007 10:37 di  Redazione FV   vedi letture
Fonte: La Repubblica
Il decreto e i suoi misteri. Non si parla solo di stadi a norma nel testo approvato dal Consiglio dei ministri, ma appena si esce da tornelli e prefiltraggio e ci si addentra nella lettura degli altri articoli si scopre che l´obiettivo vero non è la sicurezza negli stadi - o almeno non solo quella - ma mettere le società di calcio con le spalle al muro, schedare chiunque entri in uno stadio e magari applicare pure le misure antimafia a chi è sospettato (sospettato?) di aver aiutato gruppi o persone violente. Possibile? Possibile. Comunque, per non fare errori, ci siamo fatti dare una mano dall´avvocato Sandro Guerra. Insieme a lui abbiamo dato un´occhiata al decreto per scoprire che, sono parole sue, «i principi ispiratori mi sembrano gli stessi del Tulps, il testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. Che però è datato 1931. Quello che penso - prosegue - è che a fronte di un´evoluzione dei fenomeni criminali occorrerebbe trovare forme più avanzate di tutela e non ricorrere, contraddittoriamente, al buon vecchio diritto penale dell´emergenza». L´aspetto più sorprendente del decreto lo prefigura l´articolo 9. Titolo: Nuove prescrizioni per le società organizzatrici di competizioni riguardanti il gioco del calcio. Al comma 1 è scritto: «È fatto divieto alle società organizzatrici di competizioni riguardanti il gioco del calcio responsabili della emissione, distribuzione, vendita e cessione dei titoli di accesso di emettere, vendere o distribuire titoli di accesso a soggetti che siano stati, comunque, condannati, anche con sentenza non definitiva, per reati commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive». E al comma 2 spiega che entro sessanta giorni saranno definite «le modalità di verifica, attraverso la questura, della sussistenza dei requisiti ostativi di cui al comma 1 dei nominativi comunicati dalle società sportive interessate». Dunque, traducendo, chi ha commesso reati (in occasione o a causa di manifestazioni sportive) per cui è stato condannato, ma anche chi non ha ancora una sentenza definitiva, non potrà più entrare allo stadio. E non potrà più entrare nemmeno chi ha o ha avuto il Daspo. Quindi, prima di vendere un biglietto o un abbonamento, la Fiorentina dovrà chiedere le generalità dell´acquirente e trasmetterle alla questura, che poi dovrà dare l´ok. Primo problema: gli archivi del Ced (il cervellone della questura) non sempre sono aggiornati. Secondo problema: ma quanto tempo ci vuole per comprare un biglietto? Terzo problema: perché una società di calcio deve sapere se uno ha commesso un reato? Quarto problema: in questa logica l´addetto della società che si occupa dei biglietti diventa un incaricato di pubblico servizio e se dimentica o sbaglia a trasmettere un dato può essere incolpato di omissione di atti d´ufficio o di falso in atto pubblico. Andiamo avanti. Nel comma 1 si parla di reati commessi «in occasione» o «a causa» di manifestazioni sportive. Per cui se due persone sono al bar e stanno guardando la partita in tv e magari uno dà un pugno all´altro per questioni di rivalità sportiva, questo può essere considerato «a causa». Di conseguenza quel cazzotto al bar, se denunciato, potrebbe precludergli per il resto della vita l´ingresso in uno stadio. È evidente che in questo quadro le associazioni dei tifosi non potranno più vendere biglietti, e magari nemmeno le ricevitorie. «Al massimo potranno prendere le prenotazioni» spiega l´avvocato, visto che il decreto impone alla società l´obbligo di trasmettere i nominativi. C´è poi la questione delle misure di prevenzione previste dalla legge antimafia che possono essere applicate (articolo 7 - ter) «anche nei confronti delle persone indiziate di aver agevolato gruppi o persone che hanno preso parte attiva, in più occasioni, alle manifestazioni di violenza di cui all´articolo 6 della legge 13 dicembre 1989, n. 401». Indiziate, non colpevoli. Giuseppe Calabrese