FREY, La mia verità sul futuro

Riportiamo uno stralcio della lunga intervista concessa da Frey al giornale La Nazione
26.02.2008 07:00 di  Redazione FV   vedi letture

Frey sorride, ciao come va e così via, poi fa saettare un’occhiata sospettosa, cinque parole che aprono la conversazione e potrebbero anche chiuderla: «Non rispondo a domande cattive».
Siamo sprovvisti di domande buone. Le domande sono domande. Poi dipende dalle risposte. Possono essere intelligenti o banali, superficiali o profonde: e Frey — come vedremo — sa usare bene le parole, è padrone delle sfumature. Attraversa molti argomenti, parla del presente, chiarisce aspetti importanti del suo futuro. Espone un punto di vista che fa riflettere e forse sorprende per l’insospettabile durezza dell’orgoglio, la forza di un campione può essere infinita anche nella permalosità.
Per dare un senso cronologico a questa lunga chiacchierata partiamo da Roma, dal gol di Cicinho con Totti in fuorigioco.
Sebastien, la rete era da annullare?

«E’ inutile fare polemica quando c’è già polemica. Gli arbitri sono sotto stress, tutti i giorni si devono difendere dagli attacchi, il clima è avvelenato. Se poi la moviola dimostra che avevamo ragione ci dispiace, questo è chiaro. Ma in area c’era tanta confusione, capisco che fosse difficile vedere».
Dicono che lei abbia comprato o stia per comprare una villa a Milano.
«Falso. Ho già una casa a Milano: è di mia moglie, lei è nata lì».
Non è la villa di Rui Costa allora.
«Quando leggo queste cose mi viene da ridere. Pare che io abbia comprato case dappertutto... Non faccio caso a queste cose, ho imparato a difendermi così. Mi disturba semmai qualcos’altro».


Qualcuno dà per scontata la sua partenza.
«Su questo, come per la storia della villa a Milano, mi viene da ridere».
Il presidente Andrea Della Valle ha dichiarato proprio alla «Nazione» che a giugno vi metterete ad un tavolo per discutere e condividere insieme le scelte.
«E’ un atteggiamento giustissimo. Il calcio è pieno di giocatori che promettono di restare a vita e poi se ne vanno dopo sei mesi... Io faccio parte di un’altra categoria».
Quale?
«Io sono rimasto quando la Fiorentina stava andando in serie B, non vedo perché dovrei voler andar via ora che siamo quarti e in lotta per la coppa Uefa. Sarei come minimo uno scemo. Per quanto riguarda il resto io ho già parlato chiaro e non aggiungo altro».
Corvino ha convocato una conferenza stampa per dire che la società non cambierà strategia.
«La situazione è chiara».
Come quella di Prandelli, che vuole restare a Firenze per vincere.
«Lo conosco bene, vi assicuro che è così. Nel suo grandissimo dolore ha trovato una città che lo ha adottato, ora più che mai crede in questo progetto».
Per lei quanto conta, in percentuale, la presenza di Prandelli a Firenze?
«Non faccio percentuali, dico solo che per me è importantissimo. Lavorare con una persona che ti stima è fondamentale. Mi ha aiutato anche con la scelta del mio nuovo preparatore, ha ascoltato le mie motivazioni, poi ha deciso. Lo ringrazio anche per questo».
Ci dia un giudizio sui giovani portieri in Italia: chi sono gli emergenti?
«Beh, io sono giovane».
Quelli adolescenti allora...
(ride) «Ok. Dico Bassi e Viviano, anche se quest’ultimo l’ho visto poco. Ma me ne parlano molto bene, credo che saranno loro il futuro»