DONADONI, Un progetto che può far sognare Napoli
La tanto attesa svolta tecnica è finalmente arrivata… con appena 9 mesi di ritardo. Quello che De Laurentiis e Marino dovevano fare già all'inizio della stagione (facciano fede i miei primi editoriali) con un tecnico che ormai aveva esaurito il suo ciclo e la sua funzione, è stato deciso martedì notte, magari con modalità e forme discutibili nei confronti di Reja, ma sicuramente eccellenti nella sostanza.
Assumere un traghettatore, come ho più volte scritto, sarebbe stato del tutto inutile, visto che il Napoli è vicinissimo alla quota salvezza, ed ormai non vanta più ambizioni europee almeno di clamorosi exploit che al momento mi sento di escludere.
Lungimirante, invece, la scelta di iniziare a far lavorare subito il tecnico che guiderà il Napoli le prossime due stagioni, quelle del rilancio a grandi livelli. Donadoni farà dunque la stessa esperienza di Ancelotti, che dopo l'addio di Lippi prese in corsa la Juventus, riuscendo così a dare una valutazione riguardo al materiale umano di cui disponeva in vista di un progetto più ad ampio raggio. Il biennale proposto a Donadoni lo rende anche più forte nei confronti del gruppo, che ora sa di doversi confrontare con un tecnico blindato, stimatissimo dalla società.
Meglio tardi che mai, finalmente il mio Napoli si affida ad un tecnico "addestratore" abbandonando un "gestore". Forse molti non l'hanno capito, ma questa è un' autentica rivoluzione copernicana per il Calcio Napoli tutto, che dovrà cambiare totalmente la maniera di lavorare, in campo e fuori.
Reja è sempre stato un cuscinetto per le critiche ed un comodo aziendalista per la società che non l'ha mai reso partecipe del mercato sviluppato: i risultati, una volta giunti a confrontarsi con il calcio che conta, si sono visti.
Donadoni, invece, come tutti i tecnici che lavorano prevalentemente sotto il profilo tattico, dovrà forzatamente indicare le caratteristiche e l'adattabilità dei giocatori da portare sotto il Vesuvio, chiedendo la possibilità di esprimere il proprio diritto di veto nei confronti dei calciatori che potrebbero non rientrare nel suo stile di gioco. Insomma, tutt'altra musica rispetto a quello che ha passato il convento nell'ultima sessione estiva. La scelta di Roberto mi trova convinto, lo conosco da diversi anni, e lo apprezzo anche per lo spessore umano. È un uomo d'altri tempi, dalla schiena dritta, lo ha dimostrato anche in Nazionale non firmando il contratto ad obiettivi sottopostogli dal presidente federale Abete, rinunciando a parecchi soldi, ma salvando alla grande faccia e reputazione.
Non aspettatevi uno yesman, né tantomeno un uomo debole. È vero, Roberto non urla, né si atteggia a boss dello spogliatoio, ma come il suo amico e collega Carlo Ancelotti, si fa rispettare dai giocatori, alzando la voce solo quando è il momento. Se ha firmato questo contratto, dopo due giorni di serrate trattative, è perché certo di poter lavorare a modo suo, nel dovuto rispetto dei ruoli, come si conviene ad un grande sodalizio.
Condivido in toto, però, la sana riflessione del mio amico e collega Alfredo Pedullà: Donadoni è solo la base, pur ottima, ma occorre lavorare tanto per arrivare al vertice. Ribadisco quando detto nei miei precedenti editoriali e nelle mie incursioni televisive a Canale 34, serve una grande struttura aziendale, basta con la monarchia assoluta vista fino ad oggi, e che in un calcio come il nostro non ha più alcuna ragion d'essere. A questo proposito, troverei adeguato che si desse al nuovo tecnico la possibilità di essere affiancato da un team manager di spessore, magari napoletano (Peppe Bruscolotti a mio parere, sarebbe la persona giusta), che possa dare modo di comprendere anche a lui, bergamasco della bassa trapiantato a Milano, una città lontana anni luce dal suo modo di intendere.
Questi tre mesi, ad ogni modo, serviranno a Roberto per capire dove il Napoli può effettivamente migliorare. Il prossimo anno la qualificazione alla coppa Uefa sarà l'obiettivo principale, per gettare le premesse alla possibilità di costruire una struttura in grado di giocarsi la qualificazione alla Champions League con le altre potenze del calcio italiano. Credo si sviluppi in questi due obiettivi l'accordo fino al 2011 tra Donadoni e la società partenopea. Mi auguro di poter dire a chiare lettere che siamo all'alba di una nuova era per un pubblico che, credetemi, non ha eguali in Italia.
Questi mesi, che separano alla chiusura di questa travagliata stagione, serviranno inoltre a conferire una valutazione adeguata e definitiva ai nuovi acquisti: hanno deluso a causa di un allenatore poco bravo ad utilizzarli o per un direttore generale che, per una volta, ha toppato? Un quesito che ho più volte posto al quale il nuovo tecnico potrà fornire ampie risposte nelle prossime settimane.
A favore del nuovo connubio parla la storia: il San Paolo, infatti, non potrà mai essere uno stadio normale per Donadoni: nell'impianto di Fuorigrotta nel '90 sbagliò il rigore contro l'Argentina di Maradona, nel 2006 disputò la sua prima gara ufficiale di qualificazione guidando l'Italia contro la Lituania, ed il suo debutto nello stadio di casa, avverrà tra due settimane in notturna contro il Milan, il club della sua vita.
Chiudo con un sincero in bocca al lupo al mio amico Roberto augurandogli tutto il bene possibile: lo merita perché è un uomo vero, uno dei pochi in un ambiente frequentato da mediocri ed ipocriti, pronti a svendere la loro coerenza. In questo sono molto simile al bergamasco: cocciuto e coerente sino alla fine.
Al tempo stesso stringo la mano ad Edy Reja, un galantuomo che forse meritava un trattamento diverso al momento dell'addio. Non ne ho mai condiviso il criterio di lavoro, attaccandolo spesso, a volte anche duramente, ma con molta onestà e come ho detto più volte, non mi sento di addebitargli tutte le colpe per il fallimento di questa stagione.
Il passato, dicono i poeti, è lettera morta, è ora di pensare al presente ed al futuro del nostro Napoli: tecnici e dirigenti passano, maglia e passione restano, chiedo alla società di rispettarle, finendola di lanciare proclami metafisici, puntando finalmente sulla qualità. Con tre innesti mirati e di esperienza, ed un tecnico come Donadoni, sognare è finalmente lecito.