CORVINO, Voglio finire la carriera a Firenze
Pantaleo Corvino ha rilasciato un'intervista in esclusiva a pianetalecce.it dove racconta e spiega il suo amore per il Lecce, il suo lavoro a Firenze e cosa vuol dire fare il direttore sportivo in una squadra di calcio.
"Già due anni prima ero stato contattato dall'allora presidente della Fiorentina Cecchi Gori ma non volli lasciare il Lecce fino al 2005 quando decisi di accettare l'incarico anche in ricordo di mio padre, grande tifoso della squadra gigliata. A Lecce, inoltre, mi sembrava fosse scaduto il mio tempo: i tifosi mi vedevano come quello che comprava i calciatori e li vendeva subito ed ero molto criticato perché la gente non si rendeva conto che io, da buon ds, dovevo saper conciliare il risultato sportivo con quello economico: se vendevo Sesa al Napoli per 16 miliardi delle vecchie lire e compravo Chevanton per 10 e poi lo rivendevo a 18, per me era fare risultato in quanto si riusciva contemporaneamente a conquistare la salvezza e a tener d'occhio i bilanci della società. Ricordo con commozione la mia ultima volta allo stadio da direttore sportivo del Lecce: 15000 spettatori gremivano gli spalti di "Via del Mare" per la finale,vittoriosa per noi, del campionato primavera tra il Lecce e la Juventus dei fenomeni (tra gli altri giocava un certo Giovinco). Fu un'emozione indimenticabile".
Come considera i tifosi?
"I tifosi sono l'anima vera del calcio. Vanno rispettati e considerati sempre. I tifosi sono uguali in tutte le piazze, a Lecce come a Firenze, e spesso, spinti dalla passione per la loro per la squadra, diventano ingiustamente ipercritici. Io ho sempre sofferto a causa delle loro critiche perché per quanto tu ti possa sforzare a far bene, per molti di loro hai sempre fatto poco: per il Lecce comprai Lucarelli e mi dissero che era troppo grasso, comprai Chevanton e mi criticarono perché costava troppo; in quel periodo il Lecce si salvava tranquillamente e perciò questo era diventato un obiettivo ormai scontato. Anche qui a Firenze, pur avendo raggiunto per quattro anni di fila i quarti di finale nelle coppe i tifosi si dimostrano scontenti perché adesso pretendono lo scudetto".
Quanto conta, oltre alle cognizioni tecniche, l'intuito nella scelta di un giocatore?
"All'inizio dell'anno la società ti dà un budget da spendere per cercare di raggiungere gli obiettivi prefissati. In base a quel budget uno può andare alla boutique o al supermercato. La differenza sta in questo: se hai soldi da spendere puoi comprare calciatori dalle qualità conclamate, se non ne hai fai leva sul tuo fiuto e vai a "pescare" quel calciatore nel quale intravedi delle potenzialità. E qui entra in campo il "fiuto" di un ds. Quando dico di friggere con l'acqua piuttosto che con l'olio intendo proprio questo, un DS lavora con il capitale che gli viene messo a disposizione e cerca sempre di fare del suo meglio".
Come valuta un calciatore?
"Ogni DS ha dei parametri mentali con i quali valuta un calciatore, io mi rifaccio ai miei che sono certamente diversi da quelli degli altri operatori di mercato. Non posso dire quali essi siano perchè sono delle sensazioni che uno ha dentro ed esternarle mi risulterebbe difficile. Sensazioni personali altrimenti, dico io, ognuno sposerebbe la stessa donna.
Io ho riconosciuto doti speciali in Vucinic, Chevanton, Ledesma, ognuno di loro aveva delle potenzialità che io ho saputo scorgere. Così come ho visto delle potenzialità in Lucarelli quando, in un momento nel quale era ignorato dal mercato, lo pescai infortunato dal Valencia. Lui ripagò la mia fiducia segnando 31 gol in due stagioni al Lecce; lo vendetti poi a 18 miliardi per prendere Chevanton, un altro talento allora sconosciuto".
Quali sono le operazioni di mercato che non rifarebbe e quelle che invece avrebbe voluto fare?
"Due anni fa avevo già venduto Mutu alla Roma per 20 milioni di euro; l'operazione non si fece perché, per non scontentare i tifosi, i Della Valle tolsero il rumeno dal mercato; oggi sarebbe troppo facile dire che avevo ragione. Il calcio è questo, vive di momenti e questi momenti devono essere riconosciuti e colti al volo. Ricordo che quando ero a Lecce dissi a Zeman che il Chelsea voleva Bojinov ad una cifra che non avremmo mai più potuto realizzare, poi con gli inglesi saltò l'affare; l'ultimo giorno di mercato la Fiorentina ci offrì 15 milioni di euro per il giocatore ed io colsi al volo l'occasione anche perché sapevo che in panchina c'era un certo Vucinic che aspettava il suo turno. Feci incassare 15 milioni di euro al Lecce e contemporaneamente ci fu l'esplosione di Vucinic.
Con la Fiorentina ci siamo sempre classificati davanti a squadre come il Milan o la Roma nei primi anni, ma questo si è potuto fare perché la società è solida ed ha un buon bilancio. Siamo arrivati alle Semifinali in Coppa Uefa e poi siamo usciti ai rigori, in Champion's il Bayer Monaco ci ha eliminato ai quarti, abbiamo vinto con gli allievi lo scudetto e prodotto calciatori per la prima squadra come Camporese del'92 o Babacar del '93".
Come vive le partite della Fiorentina con il Lecce?
"Ogni volta con i "patemi" d'animo perché sono sempre combattuto. Io sarei un falso se dicessi che non soffro per il Lecce, anche se questo può sembrare una falsa retorica da parte mia".
Il suo sogno, quand'era al Lecce, era di costruire una compagine tutta, o per la maggior parte, salentina, a partire dalle giovanili fino alla prima squadra.
"Questo mio sogno si è interrotto. Io ho fatto il responsabile dell'area tecnica anche del settore giovanile del Lecce ed in quel periodo abbiamo vinto sette titoli con la maggior parte dei giocatori e con i tecnici che provenivano dal Salento. Il mio sogno era che le risorse tecniche del settore giovanile potessero rinforzare la prima squadra Certo, mi sarebbe piaciuto ma è stato impossibile poterlo fare dopo solo sei anni, ci sarebbe voluto più tempo.
A volte so di interviste rilasciate da alcuni personaggi che si prendono tutti i meriti di quello che si è fatto in quegli anni d'oro della primavera del Lecce ma io sono dell'idea che i meriti siano di tutti anche se ribadisco che il mio è un modello vincente altrimenti non avrei vinto tanti titoli e non solo nel Lecce".
Cosa farà in futuro?
"Adesso, non avendo potuto godere appieno i miei figli che crescevano, vorrei poterlo fare con i miei nipoti. Il mio desiderio è di finire a Firenze e di tornare nel Salento. Nel calcio però non si può mai dire…".