BUCCHIONI, Il libro di Luciano Moggi un vero scoop
Enzo Bucchioni, vicedirettore di QN, ha avuto lo scottante, quanto affascinante compito di scrivere le verità di Moggi uscite in un libro di recente pubblicazione. L’ex direttore generale della Juventus, caduto per così dire in disgrazia dopo Calciopoli, ha desiderato rendere pubblico quanto avveniva nei meandri del mondo del calcio italiano, che lui ha vissuto come protagonista, in parte per scagionare se stesso, perché un uomo solo non può gestire tutto il sistema, così com’era successo prima del 2006. "Un calcio nel cuore" (Ed. Tea, 12 euro). Com’è nato il progetto di scrivere un libro su Moggi?
L'idea è banale, non è venuta soltanto a me, ma a numerosi altri giornalisti. Ognuno la può pensare come vuole su Luciano Moggi, ma questo nel nostro ambiente è considerato uno scoop. Ricordo agli smemorati, agli scettici e soprattutto a tutti quelli che pensano che un giornalista deve essere un tifoso, che questo lavoro fa parte del mio mestiere. Un maestro come Enzo Biagi ha scritto “Il boss è solo” con il capomafia Tommaso Buscetta, vi chiedo: Biagi è un mafioso? No, semplicemente un grande giornalista. Andare a ‘scavare’ e ‘scoprire’, cercare di carpire segreti al personaggio più controverso e discusso del calcio degli ultimi anni, per chi fa questa professione diventa un qualcosa di stimolante. Dirò di più, molte case editrici importanti, anche la più importante d'Italia, hanno proposto a Moggi di scrivere la sua storia. Ma lui ha scelto di farla con me.
C'è una bella differenza scrivere un libro su Cosmi e poi passare a Moggi…
Da Cosmi a Moggi, il salto è grosso. Ma c'è sempre la mia voglia di andare a vedere dietro la facciata. Di voler capire. Cosmi era l'uomo venuto dal nulla. Moggi è il re caduto nel nulla. Ma proprio perchè ho scritto il libro su Cosmi è venuto quello su Moggi. Mi spiego. Quando Moggi ha analizzato le varie proposte che gli erano arrivate, ha deciso di fare il libro con me e D'Ascoli proprio perchè lui o qualcuno dei suoi collaboratori avevano letto il libro su Cosmi e lo volevano con quello stile di scrittura. Il mio stile. Molto merito va anche al collega D'Ascoli che ha avuto il pregio della simpatia e del convincimento anche nei momenti di stallo e di incertezza di Moggi.
Parlando anche di vendite, come sta andando il libro?
Direi molto bene. Ne sono state stampate 75 mila copie e per l'Italia si tratta di una tiratura enorme. Comunque quello commerciale non è certo il mio obiettivo. Ho conosciuto Moggi, l'ho intervistato, spero di averlo reso il più vicino possibile a quello che è. Lui si ritrova nel racconto: l'obiettivo è centrato.
A questo punto cosa pensa lei di quello che fu il fenomeno Calciopoli?
Credo che sia una grande occasione perduta. Il nostro calcio da troppi anni è prigioniero del business più esasperato, la competizione dal campo è finita in borsa. Per un centesimo tutti sono disposti a fare tutto. Le intercettazioni hanno portato a galla un sottobosco e un mondo dove le regole non erano chiare e i controllori distratti. Sicuramente Moggi ha fatto di tutto per difendere la sua società, ma non ha comprato o venduto partite. Parlare con il designatore era consentito, anche se il sistema era sicuramente poco etico. Due anni dopo resta l'impressione che ci siano ancora delle zone d'ombra. E' incomprensibile come dalle intercettazioni manchino molte società che pure telefonavano e ricevevano telefonate. L'impressione è che abbiano pagato poche società (Juve e Fiorentina in testa) mentre altre l'abbiano fatta franca. La certezza è che quel calcio andava ripulito completamente, rifatte le regole e ricostruite le fondamenta e invece fatto fuori Moggi e pochi altri, coloro che erano al potere prima di Calciopoli ci sono anche dopo. Credo che questo sia ingiusto come ha sottolineato lo stesso commissario dell'epoca in Federcalcio, professor Guido Rossi: “Il calcio non vuol cambiare”. Spero che almeno l'inchiesta di Napoli riesca a fare chiarezza definitiva e ci dica come andavano veramente le cose. La giustizia sportiva è stata sommaria come ha detto uno dei giudici della corte, il professor Serio: “Abbiamo agito sull'onda popolare”. Se lo dice lui...
C’è un’altra questione importante da dibattere: i diritti tv collettivi tv. Cosa ne pensa?
Questo è il nodo cruciale. I diritti come sono ripartiti oggi hanno favorito Juve, Milan e Inter e subito dopo la Roma. E' facile fare grandi squadre con i soldi delle Tv. Le medio-piccole hanno diritto a una diversa ripartizione, ma soprattutto ne ha bisogno il calcio che rischia di perdere interesse e morire se continueranno a vincere e dominare solo le grandi. Dubito che si riesca a trovare una soluzione, senza Galliani in Lega e con la spaccatura profonda che si è creata, le medio-piccole non molleranno. Serve un mediatore super-partes, forse lo farà il Governo prima di imporre la sua legge.
Blatter ha proposto di limitare il numero massimo degli stranieri nelle squadre di club europee, la trova interessante come proposta?
Blatter ha combinato tanti guai, finalmente una proposta sensata. Il calcio è un fatto di cuore, di campanile, di emozioni condivise dalle radici. Vedere l'Inter tutta fatta di stranieri è una tristezza, una squadra grandissima, ma non condivisa neppure da tutti i suoi tifosi. L'idea di Blatter è interessante anche se ormai il mondo è multietnico dalle scuole in su, in tutti gli ambienti. Il fascino del calcio di un tempo è perduto, forse potremo soltanto migliorarlo un po' utilizzando più giovani dei nostri vivai anche se le loro origini sono in altri paesi.