BARAK: “BULLISMO, NAPOLI E VIOLA PARK, VI RACCONTO COME SONO ARRIVATO ALLA FIORENTINA”

19.04.2023 08:01 di  Redazione FV  Twitter:    vedi letture
Fonte: Tuttomercatoweb.com
BARAK: “BULLISMO, NAPOLI E VIOLA PARK, VI RACCONTO COME SONO ARRIVATO ALLA FIORENTINA”
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© foto di ACF Fiorentina

Antonin Barak, centrocampista della Fiorentina, ha rilasciato una lunga e interessante intervista a TuttoMercatoWeb. Ecco quanto detto dal numero 72 viola:

La finale di Conference League sarà a Praga, città che lei per ovvi motivi conosce benissimo. Iniziamo con la domanda più ovvia: dove si vede il prossimo 7 giugno?
"Speriamo a Praga! C'è ancora la partita contro il Lech che non è chiusa, ma abbiamo un ottimo vantaggio che dobbiamo sfruttare giocando in casa. Sarebbe un peccato non sfruttare questa occasione. Poi vediamo chi incontreremo tra Nizza e Basilea. Dobbiamo essere consapevoli di quello che stiamo facendo e sfruttare questa occasione. Dopodiché abbiamo perso tanti punti in campionato e questa può essere un'occasione per qualificarci in Europa League il prossimo anno".

Quando avete perso la partita contro il Basaksehir nei gironi di Conference, credeva ancora nella vittoria finale di questa competizione?
"Quando ho visto le squadre della Conference mi sono sentito molto sereno. Sapevo che avevamo bisogno di tempo per trovare ritmo e amalgama visto che eravamo in tanti ad essere nuovi in rosa. All'inizio la preparazione è stata breve e poi abbiamo giocato sempre ogni tre giorni. Non era facile anche gestire i momenti, tutte le grandi squadre non erano in grande condizione. Solo il Napoli ha saputo sfruttare lo sprint iniziale. Vedevo il lavoro che facevamo e la strada che volevamo intraprendere. Sapevo che avevamo una grande opportunità di arrivare in fondo alla coppa".

In tanti considerano la Conference League una sorta di Coppa di Serie C per quanto riguarda le competizioni europee, nello spogliatoio avete questa sensazione?
"Non è la Champions, né l'Europa League dove giocano le squadre più forti. Il nostro obiettivo per il prossimo anno è proprio conquistare un posto in EL, visto che la Champions è ormai lontana. Siamo in crescita e siamo contenti che dopo tanti anni la Fiorentina ha la possibilità di giocare le coppe. È sempre Europa, alla fine contano i risultati e anche se magari la Conference non la guardano tutti come fanno con la Champions, per noi è una grande occasione. Abbiamo tanti giocatori che hanno poca dimestichezza con l'Europa, e questo è un passaggio che ci può permettere di abituarci a questi ritmi anche in vista delle prossime stagioni".

Poi c'è la Coppa Italia, una competizione molto attesa a Firenze. Siete con un piede in finale, quanto e come parlate di questa occasione?
"Inter e Juventus sono le squadre più forti che potremmo incrociare, ma noi pensiamo alla partita di ritorno contro la Cremonese perché il pericolo c'è sempre, soprattutto in turni secchi come sarà il ritorno a Firenze. Se fai un errore, la partita si apre e può succedere di tutto. Siamo sereni e dopo l'esperienza in Conference sappiamo che poi alla fine non è mai facile qualificarsi. L'attenzione è molto più alta rispetto all'inizio, siamo maturati. In questo momento pensiamo molto alle Coppe, entrambe. Sono per noi grandi obiettivi, dove sappiamo che abbiamo la possibilità di fare qualcosa che in campionato è più difficile. In Serie A siamo distanti dagli obiettivi che ci eravamo prefissati a inizio stagione".

Lei è uno dei pochi giocatori della rosa della Fiorentina che ha vinto qualcosa in carriera, come pensa che questa esperienza possa aiutare anche i suoi compagni di squadra?
"Io sento di avere un po' di esperienza, sono sereno e non vivo queste pressioni. Sono contento che posso giocare queste partite, perché per me è un divertimento. Spero di poter dare molto di più. All'inizio ho avuto bisogno di tempo per entrare in condizione, capire il mister e i miei compagni, ora mi sento molto meglio rispetto all'inizio e penso che io posso dare il massimo alla squadra solo se sono sereno e posso trasmetterla anche ai miei compagni".

È uno dei pochi arrivati sotto la gestione di Italiano che è stato subito buttato nella mischia. Aveva già parlato con il mister prima di arrivare a Firenze?
"Sapevo che a Verona, con tutto il rispetto, non avrei potuto raggiungere i miei obiettivi da calciatore come giocare le Coppe. Col mister ho parlato il giorno prima di arrivare qua. Era il giorno della partita di ritorno contro il Twente e ancora non si sapeva se la Fiorentina si sarebbe qualificata. Io ero convinto che i miei quasi compagni avrebbero passato il turno. Nella Fiorentina ho visto un progetto a lungo termine, col centro sportivo in arrivo e mi ha dato la possibilità di credere che questo sarebbe stato un grande passo avanti nella mia carriera e per raggiungere i miei sogni".

Il Milan e il Napoli la seguivano prima della Fiorentina: è stato vicino a una di queste due squadre prima di arrivare a Firenze?
"Del Milan non lo sapevo, perché al mio procuratore ho sempre detto di chiamarmi solo se c'era un interesse davvero concreto. Negli anni passati tanti club si sono interessati, poi però non è successo niente e questo mi ha fatto perdere un po' la concentrazione. Col Napoli avevo fissato un incontro con Giuntoli ad aprile e anche dal Verona tutti mi dicevano che ormai ero a un passo dagli azzurri. Anche D'Amico scherzava su questo. Sono stato veramente a un passo, poi la cosa è saltata e non voglio dire perché. Al Napoli ero molto vicino. Io non ho detto no, è saltata per altri motivi. Però poi c'era anche la Fiorentina, è sempre stata una sfida tra loro e il Napoli. Poi come ho detto, il mio procuratore mi chiama solo quando le cose si fanno serie. Mi ha chiamato per parlarmi della possibilità di vestire la maglia della Fiorentina e ho detto subito sì perché anche in questo club ho visto tanti giocatori cechi che in passato hanno vestito questa maglia e sono diventati dei campioni. Ho pensato che poteva essere una grandissima opportunità per me. Tutti mi hanno parlato benissimo di questa città e di quest'ambiente".

Recentemente ha incontrato Ujfalusi, che è stato un vero e proprio idolo per i fiorentini, ha parlato con lui prima di venire a Firenze?
"Con lui ho parlato dopo la firma. Era molto contento che io avessi scelto la Fiorentina. Mi ha detto di stare sereno, di tornare in forma e che il mio momento sarebbe arrivato. Lui avrebbe voluto finire la carriera a Firenze, però poi non si sono trovati d'accordo e non è riuscito in questo intento. Mi diceva anche che vuole comprare qua una casa perché vorrebbe tornare a vivere a Firenze. Seguire le sue orme alla Fiorentina, lui che per noi è sempre stato un idolo, era un sogno. In qualsiasi squadra dove ha giocato, è diventato il capitano. Questo ti fa capire quanto era grande. Anche a Firenze tutti mi parlano benissimo di lui e questo mi ha fatto capire quante cose buone ha fatto per questa maglia".

Per arrivare a fare il professionista lei ha dovuto fare i conti sia con alcuni problemi fisici che l'hanno costretta a stare fuori per un anno, sia problemi con diverse persone che la bullizzavano perché giocava nella squadra allenata da suo padre. Questo le ha dato qualcosa in più per arrivare dov'è ora?
"C'era un problema con mio padre che mi ha allenato fino a 15 anni. Tutti mi prendevano in giro, anche le società dove giocavo, dicendo che venivo schierato solo per merito di mio padre. Ogni tanto ho sofferto, ma queste cose mi hanno aiutato tantissimo perché anche oggi voglio dimostrare a tutti in Repubblica Ceca che si sbagliavano. Di calcio parlano tutti e non mi interessa, ma io voglio dimostrare a tutti che io sono più forti di loro e che posso fare una grande carriera. Questo mi dà tanta motivazione e mi aiuta ad avere più fame rispetto a dove sono arrivato oggi".

Quindi ha qualche problema con la Nazionale e con la sua immagine in patria?
"Non sento la stessa fiducia e la stessa stima che invece mi viene riconosciuta in Italia. Per me non è un problema, è una motivazione in più per dimostrare che sbagliano".

Jankto è un suo amico dai tempi dell'Udinese, si aspettava il suo coming out?
"La sua storia la conosco da mesi. Siamo stati insieme a Udine ed eravamo gli unici due cechi in squadra e abbiamo legato molto. Lui si è aperto con me, mi spiegava le cose, quanto soffriva e tutti i suoi problemi. Poi vedevo anche in Nazionale che un giorno si svegliava contento e un altro impazziva, anche perché doveva prendere gli antidepressivi per superare questa situazione. Non era contento della sua vita. Poi si è aperto e sapeva che questo poteva essere l'unico passo per mettersi tutto alle spalle e cominciare da zero. Queste sono cose che fanno parte della vita, ognuno ha il diritto di vivere come vuole. L'importante è che lui sia contento e che trovi la serenità dentro di lui".

Temi come i diritti della comunità e quella LGBTQ+ possono essere trattati in modo diverso dal calcio? Se ne parla da decine d'anni, ma la soluzione sembra distante...
"Non vedo la differenza tra le persone. Se ad uno piace qualcosa, o un'altra, sono scelte personali. Io rispetto tutti, se la gente non vuole impormi la propria versione dei fatti. Ognuno può fare quello che vuole, noi veniamo visti male perché abbiamo opportunità che altri non hanno e ti guardano male. Ma alla fine siamo tutti uguali. Secondo me quando si smetterà di parlare di questi temi, vorrà dire che abbiamo raggiunto la soluzione. A me sembra stupido che qualcuno possa offendere un avversario per la sua pelle o per la sua etnia. Io non penso neanche a queste cose quando scendo in campo. Secondo me le persone che non hanno visto il mondo e non hanno esperienza o non sono state in contatto con altre nazionalità, non capiscono. Tutti siamo uguali e tutti possono fare quello che vogliono, se tu mi rispetti, io ti rispetto e basta".

Tornando alla Fiorentina: il Viola Park è molto importante per la società. Secondo lei, cosa può portare in più al club di Commisso?
"Sicuramente può portare molta più attenzione anche da parte dei giocatori che vengono cercati dal club. Un calciatore guarda tutto e se vedi questo tipo di strutture è molto più facile convincere i giocatori per migliorare la squadra e puntare ancora più in alto. Per i giocatori che sono già qua, è importante per lavorare meglio nel quotidiano".

È il momento di una bischerata, come si dice a Firenze. In molti si chiedono perché giochi con i calzettoni abbassati come negli anni '70, ci può raccontare il motivo?
"Quando giocavo per lo Slavia Praga, giocavo con dei copri-parastinchi che erano molto stretti. Io avevo i crampi di continuo e per questo li ho abbassati. Da quel giorno ho iniziato a giocare così. Non era una scelta di immagine o di moda, non ci pensavo, e poi ho proseguito a giocare così".

Dove si vede tra cinque anni?
"Non lo so. Prima pensavo sempre al futuro e perdevo la concentrazione nel presente. Non mi sono goduto il momento che stavo vivendo perché pensavo sempre: dove sarò il prossimo anno? Per questo ora voglio solo pensare a quello che vivo in questo momento senza pensare al futuro. Voglio fare tutto il possibile per essere dove vorrei essere tra cinque anni".

L'ultima domanda: nessuno si aspettava che sarebbe stato riscattato a gennaio anziché a giugno. Cosa ha pensato quando gliel'hanno detto?
"È stato molto bello. La società è stata gentile, mi hanno dimostrato tutti una grande fiducia. Non me l'aspettavo. Pradè me l'ha comunicato nel corso della cena di Natale a metà dicembre. Io li ho ringraziati perché ero molto contento. Poi è stato un grande passo avanti per ambientarmi e sentirmi parte di questo club".