BAGGIO, Come Marco Polo
La sua autobiografia si chiude con il sogno di giocare la finale di Yokohama, dei mondiali giapponesi del 2002. E se nella sua carriera non c’è stato spazio per un quarto mondiale, è proprio dall’Oriente del mondo, dove cinque anni fa sperava di uscire alla grande dalla scena calcistica, che Roberto Baggio ora rispunta all’improvviso, quarantenne dalle tempie ingrigite, come una star osannata dai cinesi, che lo sognano anche come commissario tecnico della loro nazionale. E lui sta al gioco: «Mai dire mai». Lo hanno anche paragonato a Marco Polo, appena messo piede a Pechino. Nei suoi tre anni di silenzio, dopo aver chiuso con partite, gol, operazioni alle ginocchia, Baggio aveva preso le distanze dal mondo, come se avesse voglia di essere dimenticato, non ricambiato. E’ ricomparso a febbraio, nei giorni del suo quarantesimo compleanno, con un messaggio sul suo sito internet, seguito da migliaia di risposte. Una comunità virtuale, «la grande famiglia baggiana» come l’ha definita una delle sue fan, che si firma Morena. E lui che filosofeggia e risponde confidenziale, lanciando slogan giovanili tipo «mai smettere di sognare», o mettendo in rete i filmati del suo diario on the road, i video girati nel corso di un viaggio nell’amata Argentina, dove possiede un’azienda nelle pampas, sotto forma di dialoghi con il procuratore-guru Vittorio Petrone.
E’ PASSATO da una riservatezza blindata a un outing sfrenato, Baggio, anche se con il filtro di internet. Dopo il calcio, ha fatto «soprattutto il padre», ha raccontato, dei tre figli Valentina, 17 anni, Mattia, 14, e il piccolo Leonardo, due anni e mezzo, avuti con la moglie Andreina, la compagna di sempre. Niente interviste, niente tv, né altri ruoli nel calcio, per ora. La villa a Caldogno, la vita privata, il buddismo, i viaggi in Argentina, dove è diventato anche tifoso del Boca Juniors, come Maradona. Ora la Cina, invitato in questi giorni a Pechino, come testimonial dei prossimi Giochi, dalla China Banknotes Printing Corporation, la Zecca cinese, che conierà le medaglie olimpiche. In suo onore, ricevimenti, trasmissioni tv, un banchetto all’ambasciata italiana, apparizioni pubbliche fra ballerine, effetti da discoteca e adolescenti adoranti, con centinaia di cinesi a gridare «Roby Baggio alè alè». E quando un ragazzo di Pechino gli ha chiesto se un giorno allenerà la nazionale cinese, Baggio non deve essersela sentita di deluderlo: «Io ct della Cina? Mai dire mai, nel calcio possono succedere cose inaspettate», anche se poi ha ridimensionato l’ipotesi parlando con i giornalisti. Quanto basta, però, per mandare in estasi i cinesi, pazzi per lui, Roberto Baggio, nella sua ultima versione da Marco Polo del calcio.