VOLEVAMO SOLO GIOCARE A CALCIO

24.08.2012 00:00 di  Massimo Sandrelli   vedi letture
VOLEVAMO SOLO GIOCARE A CALCIO

In un’Italia funestata dagli incendi, tormentata da una carestia incombente, nella malefica altalena dello spread, con la benzina che vola oltre i due euro, leggendo i giornali sembra che la vera grande preoccupazione nazionale sia il processone del calcio scommesse. Ma si può?
Detto che l’incertezza del diritto è una delle pene che affliggono la nostra epoca, il mondo del calcio cerca di garantire giustizia comminando sanzioni e condanne senza avere una propria efficace capacità investigativa. Si assumono gli atti dei processi ordinari, si procede per sentito dire in base alle frasi di qualche pentito di ritorno, tutto sotto lo slogan “presto e bene”. E spesso si ha la sensazione che il calcio pretenda una giustizia che sia soprattutto veloce, come se fosse un mondo parallelo, lontano dalle lentezze insopportabili della realtà quotidiana. Per anni il calcio si è vantato di esser un esempio di efficienza e di precisione: da noi le partite cominciano tutte alla stessa ora…Purtroppo ormai non è più così e non solo per colpa di Sky.
Che i “furbetti” abbiano preso residenza nel calcio è un fatto quasi scontato. Che il mondo delle scommesse illegali abbia messo gli occhi sul pallone è certo. Come è vero, però, che in questo ambiente ormai da anni impera brillantemente e spesso impunemente la bugia. Bilanci taroccati, passaporti falsi, provvedimenti spalmadebiti sono episodi che scorrono via nell’indifferenza generale. L’etica è poco più che una targa polverosa dimenticata nel magazzino delle coppe antiche. La domanda che ci si pone è: meglio essere bravi o furbi? Un tarlo che sta rovinando tutta l’impalcatura del pallone.
Capita ogni tanto che qualche notabile, qualche società titolata, qualche campione resti intrappolato nella morsa di questi processi-turbo. Allora si scatena il putiferio. La rabbia “dietrologista” partorisce tesi di complotti e di vendette, come nelle migliori puntate di Revenge. Juventini, milanisti, interisti, che poi sono la gran parte dei tifosi, si accusano ferocemente l’un l’altro, denunciando la presenza di qualche malefico“grande vecchio”. E’ un mondo che si ritrova compatto solo ogni due anni (e non sempre) con la nazionale agli europei o ai mondiali.
La verità resta sullo sfondo, confusa tra accuse e difese, spesso illeggibile comunque evanescente come una nebbia di caldo. Questa fantagiustizia è vissuta come la peste narrata dal Manzoni. Un carro sfila per le strade, accompagnato dai monatti che gridano “a chi tocca, la tocca..”.
Brucia ancora sulla nostra pelle viola, il processo che condannò dirigenti, società e squadra al pubblico ludibrio. Chiacchiere, intercettazioni e tanto millantato credito, furono gli ingredienti di un processo che condannò solo alcuni.
E’ un mondo da rifondare perché così com’è non è più credibile. Oggi che la frode sportiva è diventato un reato a tutti gli effetti, ha poco senso invocare un’altra giustizia. Soprattutto non è possibile finire il campionato ogni anno con la speranza o il timore di qualche nuovo maxi-processo. In fin dei conti noi, popolo del pallone, vogliamo solo giocare al calcio.

Massimo Sandrelli