DUNGA, Mi ispiro a Machiavelli
Non ce lo saremmo mai aspettato da un 'Cucciolo' come lui. Sì, perchè Carlos Caetano Bledorn Verri, l'allenatore della Nazionale brasiliana noto a tutti con il nome di Dunga, prende il suo soprannome proprio da uno dei sette nani della famosa fiaba popolare resa celebre anche dai disegni di Walt Disney. Eppure i suoi riferimenti, non solo calcistici ma anche culturali in genere, sono altri, ben più di seri e impegnativi. Nientemeno che Niccolò Machiavelli - uno dei pensatori della storia d'Italia più importanti e conosciuti nel mondo - e il suo Principe, il libro che, per eccellenza, parla delle doti del comando, della conquista e del mantenimento del potere. Un libro che continua a ispirare fior di capi, di manager, di generali, di uomini politici anche oggi, un po' come i testi sull'arte della guerra del cinese Sun Tsu e del generale prussiano Carl von Clausewitz. Ora, che Dunga non brilli per simpatia e per comunicativa, non è una gran novità. Che non sia amatissimo anche nel suo Paese perchè non ha ceduto al clamore popolare nelle convocazioni, è risaputo. Ma che abbia come punto di riferimento nel suo lavoro il Principe di Machiavelli è decisamente curioso.
Il Cucciolo si ispira direttamente al machiavellico Principe. Forse è per questo che se ne infischia del consenso, delle critiche, delle antipatie, e della filosofia del bel gioco. Non ci ha pensato due volte nel non convocare un idolo della torcida come Ronaldinho, campione dello 'joga bonito' (che in Brasile è quasi una filosofia di vita). Perchè questa ispirazione 'italiana'? Facile. Dal 1988 al 1992 Dunga ha giocato nella Fiorentina, è vissuto a Firenze e si è appassionato al Rinascimento, all'arte, alla cultura, alla scienza, più in generale alla cittàdei Medici, di Leonardo, Michelangelo e Botticelli, di Dante e appunto di Machiavelli.
"A Firenze ho imparato l'italiano, grazie al club ho visitato i migliori musei anche quando questi erano chiusi al pubblico, e ho scoperto Machiavelli", ha dichiarato il ct brasiliano Dunga che, del filosofo cita l'interrogativo di fondo: "Per il Principe, e cioè per il leader, il condottoriero, il capo, è meglio essere amato o temuto?"