L'ORA DEI MEA CULPA
Non venite a dirci che è facile parlare col senno di poi. Non venite a dirci che siamo i soliti “giornalai” che sparano sulla Croce Rossa. Certi dubbi sono ormai diverse settimane che li esprimiamo. Ed ora non vogliamo rigirare il coltello nella piaga, o goderci una vittoria di cui non ci interessa affatto fregiarci: riteniamo semplicemente che in un momento come questo l’omertà possa essere più dannosa di una verità scomoda. Ci risuonano nella mente le dichiarazioni che ci ha rilasciato qualche giorno fa Mario Sconcerti –non parliamo di sei partite in cui le cose vanno male, ma di trenta-, concetto che il noto giornalista ha ribadito anche ieri a Sky, solo, che, giustamente, stavolta ha parlato di “trentuno e non sette” incontri in cui la Fiorentina ha stentato. Sconcerti non sarà l’oracolo di Delfi, ma se alle sue parole aggiungiamo quelle di Sebastien Frey, pare ormai evidente che il male oscuro che sta colpendo la squadra viola è qualcosa che viene da lontano. Siamo qui per parlare di mercato. Che è solo una delle cause del finora disastroso cammino dei viola in campionato. Ma una causa importante, che si lega indissolubilmente alle altre. Il discorso è semplice: perché, davanti ad un gruppo che si era ormai sfaldato, non si è proceduto ad una rivoluzione? La colpa è di tutti e di nessuno. Lasciamo stare la querelle sulla Cittadella e la leggenda metropolitana del “braccino corto” dei Della Valle: questi ultimi i soldi li hanno tirati fuori eccome, solo che, come ha sottolineato lo stesso Sconcerti, sono stati spesi male. Lasciamo stare la solita storia secondo cui Corvino è buono a prendere solo giocatori rotti: anche Kroldrup era rotto, anche De Silvestri era rotto, e ora sono belli integri e giocano in nazionale. Il punto, lo ripetiamo, è un altro: se c’erano degli scontenti perché non sono stati venduti? Perché a Sinisa Mihajlovic sono stati consegnati degli ottimi giocatori -non dei campioni, sia chiaro- svogliati, anziché alcuni degli onesti lavoratori che aveva con se’ a Catania? Parlando del caso Boruc abbiamo lasciato intendere che da parte di Pantaleo Corvino la voglia di rivoluzionare la squadra probabilmente c’era.
Ma chi o cosa l’ha fermato? La paura di perdere parte della grande popolarità di cui gode a Firenze? Difficile, ma tutto ci può stare. Una precisa politica da parte degli altri club che sapevano della necessità della Fiorentina di vendere? Probabile, ma questo è il calcio. Chi troppo vuole nulla ottiene. Se per Vargas si volevano ottenere 25 milioni e ne sono stati rifiutati 20, ora probabilmente occorrerà accontentarsi di 15. Ma va fatto. Perché posto che –e siamo sicuri che non sia così- alla dirigenza viola la Fiorentina interessi solo dal punto di vista pecuniario, vendere bene i giocatori di una squadra che naviga nei bassifondi della classifica o peggio ancora –facendo tutti gli scongiuri del caso- retrocede, diventa ancora più difficile. Tremendamente più difficile. Siamo certi che di questo si parlerà anche nel vertice di mercato che si terrà tra circa un mese. Ma sarebbe bene che certi concetti venissero esposti anche a certi giocatori: “Volete andarvene? Bene, sarete accontentati, ma prima comportatevi da professionisti”. Ora è il momento dei giusti pentimenti, ma entro breve, anzi, brevissimo, dovrà venire quello dei rimedi. Firenze ha resistito alle partenze di Baggio e Batistuta, figuriamoci se si spaventerebbe se dovesse partire un Vargas o di un Gilardino. Quello a cui non può più resistere è la mancanza di risultati. E forse anche alla necessità di facce nuove.