DA UN ESTREMO ALL'ALTRO
Noi ce lo ricordiamo Odoacre Chierico. Come ci ricordiamo alcuni protagonisti di quegli anni come Graziani, Antognoni, Falcao, Platini..E quando, intervistandolo, l'ex giocatore della Roma ci dice "a quei tempi noi giocatori non avevamo la possibilità di scegliere come accade oggi, decidevano tutto le società" ci viene da riflettere. Su come è cambiato il calcio e soprattutto il mercato. Quello che sta avvenendo ad esempio a Madrid, dove Sergio Aguero sfida apertamente il proprio club infischiandosene del contratto milionario che ad esso lo lega, non poi così tanti anni fa era assolutamente impensabile. Come oggi non riusciamo ad immaginare un calciatore che rifiuta un trasferimento ed è costretto a chiudere la propria carriera. Ma stiamo portando ad esempio due situazioni estreme. Quando si parla di un calciatore si usa spesso il termine "professionista". Ma si dimentica che si tratta sempre e comunque di un dipendente. Che può diventare padrone del proprio cartellino, ma che se poi non trova un club pronto a metterlo sotto contratto diventa inevitabilmente un disoccupato. Troppo spesso lo si dimentica. E troppo spesso, sulla scia di questa dimenticanza, si giudica con superficialità e faciloneria. Così come, certamente. molti giocatori al giorno d'oggi si dimenticano di essere dei dipendenti. Ma anche i presidenti spesso ignorano, o fingono di ignorare, di essere dei datori di lavoro; il che comporta per loro altri obblighi oltre a quello di corrispondere ai propri dipendenti il loro salario.
E' vero, si parla di salari molto ma molto superiori rispetto a quelli che la gente comune mediamente percepisce. Ma non per questo significa che un calciatore non debba godere degli stessi diritti di un altro qualsiasi lavoratore. Sarebbe come dire che un lavoratore agricolo stagionale della Piana catanese ha il diritto di lamentarsi se un operaio specializzato della Michelin sciopera perché vogliono chiudergli la fabbrica dove lavora da 30 anni e dove pensava di invecchiare. Ha ragione, quindi, Pierpaolo Marino, quando, riferendosi alla posizione dei Della Valle nei confronti di Riccardo Montolivo, parla di tutela di un proprio patrimonio. Perché davanti ad un calcio "impazzito" essi alla fine difendono dei principi sacrosanti. Ma, allo stesso tempo, se un calciatore che ha sempre fatto il proprio dovere, come Marco Donadel, si toglie qualche sassolino dalla scarpa non possiamo certo biasimarlo. Si tratta semplicemente di un dipendente esemplare che esprime un po' di malumore verso quello che è stato per anni il suo luogo di lavoro. E non chiedete perché lo fa quando la sua esperienza in maglia viola è ormai giunta al termine: nessuno di voi è o è mai stato un lavoratore dipendente? Abbiamo parlato di quello che in Spagna sta diventando un vero e proprio caso, ovvero il divorzio tra Sergio Aguero e l'Atletico Madrid. Davanti ad una situazione del genere possiamo definire Firenze un'isola felice. Perché non riusciamo a vedere i Della Valle come dei tiranni ma nemmeno Montolivo come un traditore, tanto per parlare del caso più "caldo" in casa viola. Con questo non vogliamo dire che ci aspettiamo che la vicenda in questione abbia un lieto fine. E nemmeno che sia questo per forza il nostro auspicio. Ma non ci piacciono nemmeno certi atteggiamenti "forcaioli" verso l'una o l'altra parte che sentiamo nell'aria. Alla fine, quello che tutti noi vogliamo, è capire. Non trovare per forza di cose un colpevole e un giustiziere.