FIRENZE, Con Juve, Napoli e Genoa ritrova la vera serie A

09.08.2007 11:05 di  Redazione FV   vedi letture
Fonte: Stefano Borgi per "Il Governo delle cose"

Le prossime righe non vogliono essere una resa incondizionata alla nostalgia propria di chi, ahilui, niente ha più da chiedere al futuro ed alla vita attiva; bensì la reale convinzione che come dicevano i latini… ”Historia magistra vitae”, e niente e nessuno può disconoscerla.
Una premessa doverosa…

Partiamo dai numeri: con il ritorno di Juventus, Napoli e Genoa nella massima serie, il calcio italiano riacquista 38 scudetti, 13 coppe Italia, due Coppe Campioni, e manciate di storia in quantità industriale. Non solo: in un periodo di crisi d’affluenza negli stadi, d’interesse e credibilità intorno al pianeta calcio, il reintegro di piazze storiche con un bacino d’utenza sconfinato (nel caso di Juve e Napoli) e assai consistente (la realtà genoana) non può che costituire manna dal cielo per tutto il sistema senza però averne i crismi della panacea. Non solo: con queste tre promozioni il calcio italiano ritrova due sfide stracittadine che mancavano dal campionato 1994-95. Il derby della Mole consta di 221 incontri con 87 vittorie juventine e ben 74 del toro; il cosiddetto “derby della lanterna” di Genova ci racconta di 96 confronti con 33 vittorie della Sampdoria e 22 del Genoa. Denominatore comune di queste partite il grandissimo agonismo, gol e spettacolo, ma soprattutto equilibrio e una partecipazione di massa che non può essere sottaciuta in sede di presentazione e dibattito sull’argomento. Di contro la serie A 2007 – 2008 ha perduto il Chievo e l’Ascoli, formazioni di tutto rispetto, portatrici di simpatia ed entusiasmo e sopratutto vessillifere di un calcio fatto di idee, fantasia, alle quali auguriamo una futura vita sportiva ricca di soddisfazioni. La premessa sembrerà un po’ classista, quasi settaria. Con queste tre formazioni di nuovo nell’elite del calcio però, anche Firenze e la Fiorentina riabbracciano avversari degni del suo blasone e si preparano a rivivere battaglie epiche che spesso hanno provocato dolori, ma talvolta hanno scritto pagine indelebili nella memoria del tifoso.
Una partita che vale un campionato.
Dopo le sentenze di calciopoli, in molti hanno goduto del destino che è stato riservato ai bianconeri; non nascondiamo che anche noi, in nome del “mal comune mezzo gaudio”, abbiamo sorriso sardonicamente al momento dell’emissione del verdetto. Muoia Sansone con tutti i Filistei, si sentiva dire in città. Sono bastate poche domeniche però per notare che qualcuno vagava smarrito gettando l’occhio sul calendario in cerca della “partita che vale un campionato”, vale a dire Fiorentina – Juventus. Ad onor del vero sono passati i tempi (anni 70’, inizio 80’, piuttosto che i primi anni 90’) nei quali una vittoria sui bianconeri compensava le delusioni (immancabili) per un campionato condotto in maniera mediocre ed anonima dalla squadra viola; però, come dimenticare la vittoria del 6 aprile 1991 (e citiamo questa a mò d’esempio comprendendone mille altre), con il ritorno di Baggio a Firenze, quando Fuser al 41’ realizza il gol vittoria e il portiere viola Mareggini para il rigore decisivo calciato da De Agostini dopo che il “divin codino” si era rifiutato di calciarlo? E vogliamo parlare della sciarpa lanciata dalla tribuna verso Roberto e da lui raccolta nel tripudio generale accompagnato dall’urlo belluino di 40.000 persone, affamate di vendetta? E ancora, chiudiamo gli occhi e ripensiamo a quella splendida coreografia orchestrata dalla curva Fiesole raffigurante tutti i monumenti di Firenze, frutto di una partecipazione collettiva di città e tifo senza uguali. Fortunatamente adesso le parti sono invertite ed è la Fiorentina a fare la parte del leone se confrontiamo gli ultimi piazzamenti in campionato, però l’idea che un giorno, dal sottopassaggio dell’Artemio Franchi sbucheranno quelle maglie bianconere appartenenti alla “vecchia signora” beh… non ci dispiace affatto, con buona pace delle provinciali sacrificate sull’altare del blasone e della nobiltà.
Napoli e Genoa, che ricordi per Baggio e Antognoni

Certamente minore la qualità dei ricordi che lega la Fiorentina a Napoli e Genoa seppur compagini (termine usato non a caso che ci riporta al calcio che fu) onuste di gloria e con un palmares invidiabile. Particolare e per certi versi unico quello dei grifoni, vincitori di ben nove scudetti (ad un solo titolo quindi dalla “stella”) in un lasso di tempo che va dal 1898, anno di nascita del club, al 1922, stagione dell’ultimo tricolore genoano. Erano campionati sui generis che duravano lo spazio di una giornata con semifinali alla mattina e finale al pomeriggio. Le partecipanti, infatti, si contavano sulle dita di una mano e gli spettatori assistevano seduti sull’erba a bordo campo, riciclandosi se necessario come raccattapalle. Ma tant’è, i tempi eran quelli, pionieristici, assolutamente eroici ed il premio partita (fantastichiamo giocosamente) poteva essere chissà… un buon bicchier di vino ed un giro di ballo sul prato, teatro qualche ora prima dell’evento pomeridiano.

Per il Genoa il calcio moderno ha riservato ben poche gioie e molti dolori, basti pensare che l’ultima partecipazione dei rossoblù nella massima serie risale alla stagione 1994-95 ed appena tre anni fa assaggiavano il duro pane della C1. Un gran dolore il Genoa lo aveva riservato anche ai tifosi viola allorquando, il 22 novembre 1981, il portiere Martina “abbatteva” Antognoni con una ginocchiata degna di un Karateka. Il gelo cadde sullo stadio, la respirazione bocca a bocca di “pallino” Raveggi assunse toni da tragedia in diretta, e la sopravvivenza fu un puro miracolo. E’ un ricordo che lega indissolubilmente il Genoa alla Fiorentina, accaduto al personaggio, il “capitano” appunto, che più di tutti ha rappresentato la Fiorentina in Italia e nel mondo. Un altro grande personaggio che, limitatamente ai pochi anni trascorsi in viola, ha fatto la storia della Fiorentina, è Roberto Baggio. Il “piccolo Buddha” ha realizzato 205 reti in serie A, ma la prima di queste fu proprio a Napoli (siamo quindi passati a trattare la terza storica protagonista riassurta ai fasti della massima serie), il giorno che i partenopei conquistarono il loro primo scudetto. Era il 10 maggio 1987, la cornice era il San Paolo stracolmo all’inverosimile, e Roberto giocava col numero 11, cedendo alla regola dell’ubi maior minor cessat visto che il 10 era ancora sulle spalle di Antognoni; fu quella una delle poche occasioni nella quale i due talenti si trovarono insieme sul rettangolo verde sotto il segno del giglio e Baggio bagnò quella storica giornata con il personale battesimo del gol realizzando al 39° il definitivo 1-1. Dall’altra parte c’erano Maradona, Giordano, Bagni a completare il quadro di una grande giornata di sport che aggiunge, se ce n’era bisogno, valore storico ad un avversario da troppo tempo in declino. Napoli sinonimo di piacevoli ricordi per la Fiorentina più del Genoa quindi, ma comunque entrambi riaccolti a braccia aperte dalla Firenze viola che ha così altre due date da segnare sul calendario.
E adesso la linea passa a… 90° minuto.
Chiudiamo con questa breve fotografia di un calcio oramai perduto, incorniciato dalle parole e dalle immagini di personaggi che con la loro estemporaneità ed apparente improvvisazione rendevano tutto più vero al punto che per anni ci hanno fatto credere che le partite iniziassero da 0-0, e che anche squadre come il Verona di Bagnoli e la Sampdoria di Mantovani (…come hanno osato le insolenti) avrebbero potuto vincere il campionato. Eravamo tutti più giovani e questo ci sovviene rileggendo i nomi che hanno fatto la storia di 90° minuto. Dallo studio di Roma coordinava le operazioni Paolo Valenti, un maestro di sportività ed equilibrio; solo dopo la prematura scomparsa si venne a sapere, infatti, che egli era tifoso viola (pensate… ci aveva fregato tutti, nonostante i tanti anni di sovraesposizione mediatica) e ci piace creare questo parallelo fra i tre vecchi compagni d’avventure che si riaffacciano sul palcoscenico della serie A e le voci che per anni ne hanno narrato le gesta. Da Torino Beppe Barletti era l’inviato più dichiaratamente “a strisce”, coadiuvato dall’ineffabile Franco Costa (ricordate? Quello perennemente attaccato alla giacca dell’Avvocato). Da Napoli invece spuntava Italo Kunhe e a lui si alternava Luigi Necco che salutava sommerso da ragazzini protesi verso il classico… ”Ciao mamma”. E che dire di Giorgio Bubba che inscenava dei veri e propri teatrini sul Genoa trasformando il servizio per 90° minuto in una fiction della prima ora. Figure, quasi figurine, nel senso della storicità che le renderebbero degne di essere inserite nell’almanacco Panini, alle quali siamo tuttora affezionati, ben consci del loro ruolo di testimoni di un tempo che non tornerà più. Nel loro ricordo però il ritorno in serie A di Juve, Genoa e Napoli ci appare permeato di quella purezza ormai irrimediabilmente perduta. Ed è grazie anche a loro che diciamo… Bentornata cara, vecchia, ed amata serie A.