FERRARA, Avrei voluto Mourinho come allenatore
Anche lui in passato è stato punto da una vespa, "ma non era la stessa di Cannavaro e non ho avuto la necessità di usare il cortisone...". Regala non poche sorprese Ciro Ferrara, tecnico della Juventus, ospite della puntata di venerdì sera della trasmissione 'L'era glaciale', il programma condotto da Daria Bignardi su Rai2. E tra un'ammissione e una battuta, affronta anche questioni delicate come la rivalità dialettica con Josè Mourinho, il possibile ritorno di Marcello Lippi in bianconero e appunto il caso doping di Fabio Cannavaro, trattato con il sorriso ora che si è sgonfiato.
"A parte gli scherzi, per fortuna si è tutto risolto - spiega Ferrara -. Si era già parlato di questa puntura a suo tempo e Cannavaro si è dovuto sottoporre a cure. Il fatto di essere così noto, di essere il capitano della Nazionale e di giocare nella Juventus ha ridimensionato il caso". Comunque l'allenatore juventino riconosce che nella gestione del caso "c'e stato qualcosa che non ha funzionato. Ma la cosa principale è che Fabio è esente da ogni colpa e alla fine non è risultato positivo".
MOU? NON MI PIACE SE VA SOPRA LE RIGHE - La giornalista, poi, passa al tema Mourinho e alla rivalità dialettica fra l'allenatore juventino e lo Special One che pareva lontana dallo spegnersi. Pareva, perché Ferrara, pur ammettendo che qualche uscita del portoghese è stata sopra le righe ("se posso permettermi, da collega, di lui ci sono cose che condivido e altre no. Alcune osservazioni sono sopra le righe e ho voluto farlo notare la settimana scorsa"), rivela che "sinceramente, mi sarebbe piaciuto essere allenato da lui. Vedo che i suoi giocatori ne parlano tutti molto bene". E quando sabato scorso ha detto che "Mourinho non è un pirla, ma io non sono fesso"? "Volevo rispondere in maniera ironica, e potevo farlo anche in napoletano che suona pure meglio. Fatto sta - sorride Ciro, alludendo al ko a Palermo - che era meglio tacere, perché poi abbiamo perso".
SI' ALLA JUVE ANCHE PER MENO SOLDI - Per Daria Bignardi il napoletano assomiglia a Vincent Cassel ed è più bello del tecnico portoghese.
Ma allora perché Mourinho piace di più? "Innanzitutto perché è più bello del sottoscritto. Poi dalla sua parlano i risultati ottenuti da allenatore, a cui abbina il fatto di essere ottimo comunicatore", replica Ferrara, il cui stile 'educato ma perdentè è paragonato dalla critica a quello del collega interista. "Preferirei essere vincente e maleducato - afferma il timoniere juventino - ma si può essere vincenti e pure educati".
Come mai, domanda ancora Bignardi, guadagni meno di Mourinho e anche di Roberto Mancini che non lavora? "Mancini non lavora temporaneamente e io devo ancora dimostrare. Anche se mi avessero offerto di meno avrei accettato comunque la panchina della Juve, dice Ferrara, raccontando che quando, dopo la firma del contratto, il ds bianconero gli chiese se fosse contento, "gli ho detto 'potevi fare qualcosa di meglio'. Ma è una chance incredibile, i soldi passano in secondo piano".
LIPPI E CASSANO? IL CT HA LE SUE IDEE - Infatti non ha esitato a lasciare il posto a fianco di Lippi nello staff della Nazionale. Ma chissà che fra qualche mese il ct lo raggiunga in bianconero. "Non mi stupirei, ma in questo momento credo che abbia altri problemi e obiettivi", risponde lo juventino, il quale non può esimersi da un giudizio sul destino azzurro o meno di Antonio Cassano, sin qui non convocato in Nazionale. "Ho avuto la fortuna di collaborare con Lippi e di conoscerlo bene. Anche in occasione del Mondiale vinto nel 2006 Lippi ha lasciato a casa alcuni giocatori più forti e meritevoli di quelli che aveva portato in Germania. Credo che il ct abbia le sue idee".
L'estate 2006 fu anche quella dello scandalo Calciopoli che travolse Luciano Moggi, con cui Ferrara è rimasto in buoni rapporti, perché "abbiamo condiviso momenti belli e meno belli e quando sono a Napoli ci incontriamo e lo saluto sempre con affetto".
IN PANCHINA FA PIU' MALE PERDERE - Tra un ricordo degli autografi chiesti a Maradona quando arrivò 'scugnizzò al Napoli e un auspicio che la sua città un giorno possa far parlare di sé per storie diverse da quelle raccontate da Roberto Saviano, Ferrara racconta anche della sua nuova vita da allenatore e di chi nello spogliatoio lo chiama mister e di chi non ci riesce ancora. Che il ruolo sia molto diverso, se ne è accorto subito, perché "fa più male perdere in panchina che in campo: il calciatore ha possibilità di rifarsi la partita dopo, di sfogarsi sul campo, l'allenatore no".