EX ALLENATORE CHIESA A FV, TALENTO E UMILTÀ. PUR DI GIOCARE...

Esclusiva di FirenzeViola.it
09.12.2016 19:00 di  Giacomo Iacobellis  Twitter:    vedi letture
EX ALLENATORE CHIESA A FV, TALENTO E UMILTÀ. PUR DI GIOCARE...

Serata memorabile, quella di Baku, per Federico Chiesa. Dopo l'esordio da sogno allo "Stadium" contro la Juventus, il giovane talento della Fiorentina è infatti riuscito a segnare il suo primo gol tra i professionisti. Una rete importante, che ha permesso ai viola di chiudere in bellezza la fase a gironi di Europa League. Per ripercorrere la carriera di Chiesa jr, che ha già raggiunto quota nove presenze stagionali in maglia gigliata, FirenzeViola.it ha intervistato in esclusiva chi gli ha visto dare i primi calci al pallone: Alessandro Francini, suo istruttore nei Pulcini della Settignanese, oggi alla guida della prima squadra rossonera.

Francini, che effetto le ha fatto vedere Chiesa segnare il primo gol tra i professionisti con la maglia della Fiorentina?
"Bellissimo. Sono molto felice per Federico, un ragazzo esemplare dentro e fuori dal campo. Gli auguro una grande carriera, se la merita davvero".



Che ricordi ha del Chiesa aspirante calciatore?
"L'ho allenato tra le fila dei Pulcini della Settignanese, giocavamo a cinque e aveva solo sette anni. Nonostante l'età, Federico spiccava già per tasso coordinativo e potenzialità rispetto agli altri bambini. Mi piace definirlo un balocchino già confezionato, che oggi sta tirando fuori tutto il suo talento ad alti livelli".

Siete rimasti in contatto lei e Federico?
"Con lui non personalmente, ma vedo molto spesso suo padre Enrico. Ci ho parlato anche recentemente e ci siamo soffermati proprio sull'exploit di Federico, lodandone l'umiltà e la voglia di arrivare lontano. Alla Settignanese oggi gioca tra l'altro il Chiesa più piccolo, Lorenzo".

C'è, infine, un aneddoto particolare riguardo a Federico che le piace ricordare?
"Sì, mi ricordo con piacere l'entusiasmo di Fede. Era un bambino vivace e coi piedi per terra, che allora così come adesso non sentiva affatto il peso del proprio cognome. Pur di giocare, era disposto anche ad andare in porta".