OMICIDIO SANDRI, La ricostruzione degli amici

13.11.2007 10:21 di  Redazione FV   vedi letture
Fonte: Gazzetta dello Sport

AREZZO - Uno sguardo storto, una bottigliata, un paio di ombrellate, qualche insulto. Sarebbe stata questa la dinamica della rissa tra tifosi scoppiata alle 9 di domenica mattina nell'area di servizio di Badia al Pino, dove pochi minuti dopo è morto Gabriele Sandri. Francesco, Federico, Marco e Simone, gli amici che viaggiavano insieme con Gabriele Sandri, sono arrivati a Roma all'alba di lunedì. Ieri pomeriggio, alcuni di loro si sono ritrovati in un bar non lontano da piazza Vescovio, punto di ritrovo storico dei tifosi della Lazio. I quattro compagni di viaggio di Gabriele ufficialmente non vogliono e non possono parlare: sono indagati per «tentate lesioni aggravate». La polizia sta riesaminando le immagini registrate dalle telecamere dell'area di servizio, sequestrate pochi minuti dopo il «fattaccio».
 
RICOSTRUZIONE Attraverso la voce di un amico, ecco la ricostruzione da parte di Francesco: «Con gli juventini non c'è stata una vera rissa. Uno di loro ci ha guardato male. Gli abbiamo detto "che cazzo ti guardi" e quello ha risposto mollandomi una bottigliata a un braccio. Noi abbiamo reagito e sono partite un paio di ombrellate. All'improvviso, abbiamo sentito il suono della sirena e siamo tutti scappati verso le auto. Gli juventini sono stati più svelti e ripartendo hanno investito, seppure in modo leggero, Marco. Io ho raggiunto per primo l'auto e ho cercato di farla ripartire, ma non conoscevo bene i comandi e a quel punto si è messo alla guida Marco, nonostante il dolore per la botta al fianco. Siamo schizzati via e abbiamo sentito un solo sparo: quello che ha colpito Gabriele.
Ormai avevamo imboccato l'autostrada e abbiamo raggiunto di corsa il casello per chiedere aiuto. Noi non chiediamo punizioni esemplari. Chiediamo soltanto che sia fatta giustizia perché un ragazzo innocente non può morire in questo modo. Gabbo era uno tranquillo, uno pulito.

Non è vero che aveva ricevuto il Daspo (il divieto a frequentare gli stadi con obbligo di firma durante le partite, ndr). Non aveva mai fatto niente di male».
 
LA MORTE DI GABBO «Prima la polizia l'avevamo vista, ma delle sirene non mi ricordo e neppure degli spari. Stavamo andando via, la macchina degli altri era già partita. C'era ancora un po' di casino e quando c'è casino a certe cose non fai caso. Poi ho sentito quel colpo, solo un colpo, come quando ti tirano una pietra sull'auto. Gabbo non ha neppure urlato, sembrava che non riuscisse a respirare. Stava seduto dietro, vicino a me. Ho visto il sangue, siamo arrivati al casello, quello subito dopo l'autogrill. Niente, Gabriele era già morto. Cazzo, morto così e noi siamo qui, sconvolti e non siamo gente che si sconvolge tanto facilmente, conosciamo la vita, sappiamo quello che succede nel mondo». Il "Messicano" ha 27 anni, un lavoro, una passione per la Lazio. Domenica mattina stava in macchina, pure lui, seduto dietro, a fianco di Gabriele Sandri, sulla Renault Scenic. Pure lui ora è indagato per «tentate lesioni aggravate », vuol conoscere la verità e sapere quando Gabbo potrà avere il suo funerale. «Noi siamo ultrà, siamo della Lazio, tifosi della curva Nord, di quale gruppo non importa. Noi conosciamo la vita». E la morte di un amico.